6 Commenti

Alla fine una cosa l'ho capita, scegliere una strategia basata sul meccanismo unico è la cosa più semplice da mettere in pratica.

Creare il fossato è molto più impegnativo, e per niente semplice.

La prima impiega poche risorse mentali, la seconda richiede impegno e idee geniali.

Questo anche se la prima non serve ad una mazza, specie in settori come la ristorazione.

Generalmente "piatti di qualità e convenienza al giusto prezzo", e non troverai mai un ristoratore che dice "io uso prodotti che pago poco perché sono di merda, per questo da me spendi meno anche se i piatti sono buoni lo stesso".

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Esatto Raniero, hai colto perfettamente il punto. Scegliere un meccanismo unico può sembrare la via più facile perché richiede meno sforzo creativo e può essere implementato rapidamente, ma è anche una strada senza sbocco, soprattutto in settori come la ristorazione.

Il meccanismo unico spesso non differenzia davvero, perché si riduce a una banalità che ogni concorrente può facilmente replicare o contestare.

Il vero valore, come dici, sta nel creare un fossato competitivo, un posizionamento di marca che sia davvero unico e difficile da imitare.

Questo richiede certamente più impegno, più risorse mentali e una visione strategica, ma è l’unico modo per costruire un brand solido e duraturo. È un investimento a lungo termine che protegge dall’omologazione e dall’essere “uno dei tanti”.

E nella ristorazione, come sottolinei, il rischio è ancora più evidente: nessuno ammetterebbe mai di usare ingredienti scadenti, e tutti proclamano di offrire “qualità e prezzo giusto”.

Senza un posizionamento forte e distintivo, queste affermazioni finiscono nel mare delle promesse generiche che non attirano realmente il cliente.

Creare il fossato, come dici, è più complesso, ma è anche l’unica via che permette di resistere alla concorrenza e costruire un’identità solida e riconoscibile.

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Be che dire cominciare la giornata leggendo una cosa del genere ( grazieeeeeee )mi ha già fatto scrivere 2 pagine di appunti di cose da modificare e riprogettare soprattutto in un settore come il mio ma come in tutti i settori dove la gente guarda il prezzo ma se si riesce a comunicare il giusto valore di ciò che si offre i clienti cristiani in targhet si trovano e io ne ho avuto la prova cominciando ad applicare la tua filosofia , non è semplice trovare quella cosa emotiva che ti collega al cliente oltre ciò che vendi ma nel momento che cominci ad ottenere qualche risultato sai che c'è " allora zio ca basta mettersi a tappetino sei tu che hai bisogno di me mi hai chiamato tu "

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Grazie mille per il tuo commento entusiasta Mario, mi fa davvero piacere sapere che hai già preso spunto per migliorare le tue strategie!

Hai centrato perfettamente il punto: posizionarsi correttamente è la chiave per uscire dalla battaglia del prezzo. Quando il cliente percepisce il tuo valore, non sei più costretto a competere sul prezzo, ma puoi giocare su un terreno completamente diverso, dove il prezzo diventa una variabile secondaria rispetto al valore percepito.

In questo senso, creare subito dopo una procedura o un funnel di prequalifica del cliente è uno strumento potentissimo. Quando riesci a prequalificare il cliente, hai il controllo della trattativa. Non sei più costretto a “subire” o a scendere a compromessi: puoi gestire la trattativa con autorità, perché sai di avere davanti a te un cliente che ha già compreso e accettato il tuo valore.

E come hai giustamente detto, nel momento in cui inizi a ottenere risultati, ti rendi conto che non devi più metterti in una posizione di “inferiorità” nella trattativa. È il cliente che ha bisogno di te, perché hai saputo posizionarti come la soluzione giusta. A quel punto, sei tu a condurre il gioco.

Grazie ancora per il tuo contributo e complimenti per aver già iniziato a mettere in pratica questi principi. Sei sulla strada giusta!

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Articolo a dir poco eccezionale!

Ho capito che non bisogna limitarsi a dare un prodotto con una proposta univoca differenziante ma bisogna andare oltre facendo vivere una esperienza memorabile al cliente.

I parchi di divertimento potrebbero avere una attrazione unica ma alla fine nessuno batte l’esperienza di una visita a Disneyland

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Grazie per il tuo commento Mauro, sono davvero felice che l’articolo ti sia piaciuto!

Hai colto un punto essenziale: limitarsi a una proposta univoca differenziante non è più sufficiente.

La USP di Rosser Reeves (Unique Selling Proposition) e lo Unique Mechanism di Eugene Schwartz sono concetti coevi, parte della stessa epoca del marketing, quella del prodotto.

In quel periodo, l’obiettivo era puntare su una caratteristica unica o un meccanismo specifico del prodotto per distinguersi dalla concorrenza. Tuttavia, queste teorie appartengono alla prima era del marketing, e si concentravano solo sul prodotto.

Successivamente, siamo entrati nell’era della creatività, in cui le campagne pubblicitarie cercavano di sorprendere ed emozionare, ma anche questo approccio si è dimostrato limitato nel lungo termine.

Oggi siamo nell’era del posizionamento, dove la vera battaglia si gioca non più sul prodotto o sulla creatività, ma nella mente del consumatore.

E proprio come hai detto tu, l’esperienza è fondamentale. Disneyland non vince perché ha un’attrazione tecnicamente unica, ma perché crea un mondo di emozioni e ricordi nella mente dei visitatori, legandoli emotivamente al brand.

Lo stesso principio vale per il marketing moderno: il successo di un brand non si basa solo sul prodotto, ma su come si posiziona nella mente del cliente, creando una connessione emotiva e memorabile.

Grazie ancora per il tuo contributo!

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