UnderWoW o Under Fuffa? Il caso Intimissimi e l’“effetto wow” nell’intimo
Quando l’intimo promette di “rivoluzionare” tutto
Intimissimi ha lanciato “The UnderWow”, una campagna di marketing presentata come un vero manifesto rivoluzionario per il mondo dell’intimo. Nome altisonante, testimonial famosa, promesse audaci: sulla carta c’è tutto per fare notizia. Barbara Palvin – top model internazionale e nuovo volto del brand – ci guarda ammiccante dagli spot, invitandoci a credere che il reggiseno possa trasformarsi da semplice capo funzionale a “esperienza davvero unica”.
Di cosa si tratta? In breve, Intimissimi vuole farci dire “wow” persino a ciò che indossiamo sotto i vestiti. Non più “un comune underwear”, dicono, ma un nuovo standard che coniuga bellezza, comfort e innovazione (e già qui mi si è iniziato a drizzare il pelo per mancanza di focus ma mi sto zitto…)
Oh, per carità, parole loro. Il tutto supportato da un prodotto di punta – il nuovo reggiseno Denise – che promette un’“impareggiabile alchimia di grazia e seduzione” grazie a un inedito pizzo ultra confortevole. In sostanza: l’effetto WOW incontra la biancheria intima quotidiana.
Vediamo allora di analizzare questa campagna con occhio critico e un pizzico di ironia. Qual è la strategia dietro “The UnderWow”? Cosa è stato fatto bene e cosa sa di fuffa da manuale? Quali leggi di marketing sono rispettate e quali a rischio di violazione (con possibili conseguenze nefaste)? E, soprattutto, cosa avrei fatto di diverso io, dal mio comodo divano di “espertone guru sotutto io” con il santino di Al Ries in mano?
Cosa c’è di WOW: i punti di forza della campagna
Prima di affilare la lama della critica, riconosciamo dove Intimissimi sembra averci visto giusto.
1. Un posizionamento allineato ai trend di mercato: Negli ultimi anni il mercato della lingerie ha visto crescere la domanda di comfort senza rinunciare all’estetica. L’era dei reggiseni armatura push-up stile Victoria’s Secret è in declino. Oggi le consumatrici cercano bralette morbide, tessuti naturali, modelli comodi ma comunque femminili. Intimissimi lo ha capito e con UnderWow si propone di possedere la parola “comfort” nella mente delle clienti (ciao Legge del Focus!) senza abbandonare del tutto la sensualità per cui il brand è noto.
Il messaggio chiave “dove il comfort incontra la sicurezza in se stesse” (“where comfort meets confidence”, secondo i post social ufficiali) cerca proprio di sintetizzare questo posizionamento ibrido – comfort e bellezza – in un’unica formula accattivante.
In un certo senso, stanno tentando di creare una nuova categoria mentale: il lingerie “superiore” che fa sentire bene dentro e fuori. Questo approccio può richiamare la Legge della Categoria: se non puoi essere il primo in una categoria esistente, inventane una nuova in cui essere leader. Dichiarare di aver creato un “nuovo standard” è il modo in cui Intimissimi prova a definirsi leader di una categoria reinventata (l’intimo “wow”). Ambizioso, ma strategicamente sensato se funziona.
2. Un prodotto (in teoria) innovativo a supporto del messaggio: Non c’è storytelling che tenga senza sostanza. Qui la sostanza dichiarata è il nuovo reggiseno Denise, realizzato con un pizzo rivoluzionario chiamato “Pizzo 97”.
Secondo il comunicato, questo pizzo nasce dall’antica arte dei merletti Leavers unita a ricerca moderna, con un motivo ricco di dettagli in rilievo che garantisce massima comodità e raffinatezza.
In altre parole, Intimissimi sostiene di aver tecnologicamente innovato uno degli elementi chiave del prodotto (il pizzo) per offrire qualcosa di nuovo sul mercato: un reggiseno in pizzo morbidissimo e adattabile al corpo.
Se il prodotto mantiene davvero queste promesse, l’azienda si mette al riparo dalla Legge del prodotto: per quanto il marketing sia una battaglia di percezioni, alla fine il prodotto deve consegnare ciò che viene promesso. Qui c’è almeno un tentativo di innovazione concreta (un nuovo materiale proprietario), non solo belle parole.
Inoltre, focalizzare la campagna su un singolo modello di reggiseno – il Denise – è una mossa intelligente di focalizzazione dell’offerta: un prodotto eroe che incarna il messaggio di brand. Al Ries nel suo libro Focus applaudirebbe questa concentrazione: un solo prodotto chiave, una sola idea chiave (comfort+wow). Meno dispersione, più identità. Bene così. (in realtà se facessero solo quello, ma questo è un problema di cui parliamo fra un attimo…)
3. Ambassador azzeccata e storytelling aspirazionale: Barbara Palvin, 30 anni, ex Angelo di Victoria’s Secret, modella di fama globale, recentemente sposata (quindi con esposizione mediatica ulteriore): un volto contemporaneamente glamour e “raggiungibile”. Intimissimi l’ha scelta come ambasciatrice del nuovo messaggio proprio per la sua “eleganza inconfondibile e magnetico carisma”.
In altre parole, Palvin è vista come perfetta incarnazione di quella femminilità sicura di sé ma autentica che il brand vuole promuovere. Sul piano strategico, la scelta funziona perché:
- Palvin porta con sé il pubblico internazionale giovane (fan della moda, follower su Instagram e TikTok) di cui Intimissimi ha bisogno per rafforzare la propria presenza globale.
- Ha un’immagine abbastanza versatile: sexy ma non too much, sorridente e spontanea quanto basta per risultare simpatica anche alle donne (target primario) e non solo agli uomini. Legge dell’Attrattiva (non delle 22, ma del buon senso): se vuoi vendere reggiseni alle donne, il testimonial deve piacere alle donne.
Barbara in questo è una buona scelta: non è una starlette ultra-provocante lontana dall’immaginario quotidiano, bensì una giovane donna che – pur essendo splendida – appare genuina, divertente (basta vedere le interviste o i social con il marito) e quindi non “minacciosa” per le consumatrici.
Non è una super “strappa da 100” alla Angels di Victoria’s Secret dei tempi d’oro ma nemmeno una super modella curvy che per quanto inclusiva abbiamo visto ormai troppe volte fare danni alle vendite nonostante i buoni propositi.
- La sua storia personale (modella partita dall’Ungheria diventata top model internazionale, ora moglie felice) aggiunge un tocco narrativo: nei contenuti della campagna appare a proprio agio sia da sola sia insieme al marito Dylan Sprouse in scatti di coppia.
Questa scelta di includere anche la dimensione personale (addirittura il marito come co-protagonista in parte del materiale promozionale) rende la comunicazione più calda e narrativa, strizzando l’occhio alla vita reale di chi indossa l’intimo per sentirsi bene anche in coppia, non solo allo specchio.
4. Esecuzione visiva curata da professionisti di livello: La realizzazione della campagna è stata affidata a mani esperte. Gli scatti fotografici portano la firma di Mario Sorrenti, fotografo di moda di fama mondiale. Questo spiega l’estetica elegante e pulita delle immagini: luce soffusa, pose naturali ma seducenti, nessuna volgarità.
Lo stile è essenziale ma audace, proprio come dichiarato dagli addetti ai lavori. In pratica, Sorrenti ha enfatizzato “il mix tra comfort e sensualità” nelle foto, esaltando i dettagli del prodotto (il pizzo, la vestibilità) senza dimenticare l’impatto glamour.
Anche lo spot video – diffuso in TV e online – riflette questa qualità: Barbara appare mentre cerca il completo intimo perfetto per una serata speciale, per poi scegliere il Denise Bra e sentirsi subito a suo agio e sicura di sé. Regia e fotografia trasmettono un vibe quasi cinematografico, con la modella che si muove con disinvoltura come a dire: “vedete? Non sto solo posando, sto vivendo la mia vita comodamente in lingerie”.
Insomma, produzione e direzione creativa coerenti col posizionamento: niente colori shock o pose impossibili da rivista patinata, ma nemmeno foto banali stile catalogo di intimo della nonna. Hanno trovato un equilibrio visivo notevole.
5. Distribuzione multicanale e engagement del pubblico: Onore al merito, Intimissimi non si è limitata al classico spot TV più affissioni. La campagna The UnderWow è un esempio di approccio integrato sui vari canali:
- Televisione: Con partner del calibro di Wavemaker (che è la seconda media agency più grande del mondo) per la pianificazione TV, lo spot ha avuto passaggi frequenti nei circuiti nazionali (in Italia sicuramente, probabilmente anche in altri mercati chiave). Questo garantisce copertura di massa, colpendo il target in momenti di “awareness” tradizionale.
- Digital Advertising: Dentsu (la prima digital agency del Giappone, la quinta a livello globale) cura il digital, quindi parliamo di annunci online, video YouTube (il teaser “Forget ordinary underwear, welcome UnderWOW” è sul canale ufficiale), banner, programmatic advertising mirato alle utenti interessate a moda e lingerie. Impossibile navigare su un sito femminile senza incappare in quelle creatività patinate di Barbara Palvin in reggiseno beige o nero.
- Social Media & Influencer: Qui il gioco si fa interessante. Barbara Palvin stessa, sul suo profilo Instagram da milioni di follower, ha pubblicato contenuti “Meet the UnderWow bra” presentando la collezione con entusiasmo genuino (o ben recitato) ai fan. Su TikTok la vediamo in video brevi che mostrano i dettagli del Denise bra con caption accattivanti (in un TikTok dice “Discover the sensual allure of Intimissimi's Denise Bra...” ecc.).
Oltre alla testimonial, è stata schierata l’artiglieria pesante delle influencer: da Valeria Lipovetsky (influencer fashion) ad altre content creator, molte hanno ricevuto il completo UnderWow e l’hanno mostrato ai follower, sottolineando l’effetto “wow” e la comodità. Un esempio: un’instagrammer scrive “Why pick plain when you can pick WOW?” mostrando il reggiseno in questione – segno che lo slogan è stato seminato bene nel materiale fornito ai partner.
- Contest UGC (User-Generated Content): Mossa furba per alimentare il passaparola, Intimissimi ha lanciato un contest social “UnderWow Giveaway” invitando le utenti a “condividere cosa significa UnderWow per te” su Instagram e TikTok usando l’hashtag #MyUnderwow.
In palio un buono da 1000 dollari, non bruscolini. Questo incentivo ha generato una pioggia di contenuti da parte delle follower, ognuna interpretando a modo suo l’“effetto wow” (c’è chi ha postato outfit con lingerie a vista, chi messaggi di body positivity legati al sentirsi wow nella propria pelle, ecc.).
Questa iniziativa non solo amplifica la campagna a costo quasi zero (sono le utenti a creare contenuti!), ma fa sentire il pubblico parte del movimento UnderWow invece che semplice destinatario passivo di pubblicità. In termini di leggi del marketing, coinvolgere i clienti così direttamente è allineato con l’idea moderna che il marketing è una conversazione, non un monologo. Bravi.
- Punto vendita e sito web: Ovviamente The UnderWow campeggia nelle vetrine dei negozi Intimissimi e sul sito ufficiale. Hanno creato sezioni dedicate sullo shop online per la collezione “Superior Comfort – UnderWow”, con immagini della campagna e sezioni esplicative. Sul sito USA ad esempio ho controllato e c’è la landing del contest, segno che l’iniziativa è internazionale. Nei negozi immagino cartellonistica con Barbara in lingerie e magari corner “provami, sentirai l’effetto wow”. Tutto coerente e “crossmediale” come piace dire ai “ggiovani” markettari.
Tutti questi elementi – posizionamento trend, prodotto innovativo, testimonial forte, creatività curata e multicanalità – indicano che la campagna The UnderWow è stata pensata con un certo criterio e investimento. Hanno messo in campo solide risorse (nota: Calzedonia Group ora Oniverse ha le spalle larghe, non sono cose che una PMI possa fare in questo modo e soprattutto tutte insieme) rispettando la Legge delle Risorse di Ries: senza budget e impegno, le idee non decollano. Qui il budget c’è e si vede: fotografo top, top model, agenzie media big, attivazioni social… insomma non è la sagra paesana.
Ma allora è tutto perfetto? Ci inchiniamo al wow e basta? Aspetta un attimo, stringi stringi… c’è anche qualche campanello d’allarme. Prepariamoci a smontare un po’ di hype.
Dietro le quinte: i potenziali scivoloni e le “leggi” infrante
Passiamo al lato under di questo wow. Cosa potrebbe andare storto, o quali errori strategici si intravedono? Ecco i principali dubbi che emergono secondo me, alla luce delle leggi di Ries & Trout e del buon senso da marketer navigati.
1. Overpromise ed eccesso di retorica – rischio “Legge dell’Esagerazione” (alias Hype): Intimissimi proclama di “rivoluzionare il concetto di intimo” e addirittura “riscrivere le regole”, trasformando l’intimo in un’esperienza trascendente. Calma. Quando una campagna nasce così nella storia, in qualunque settore, di solito nasce male.
Quante volte abbiamo sentito brand gridare alla “rivoluzione” quando in realtà presentavano l’ennesima variazione sul tema? In pratica sempre. La Legge del clamore (Hype) di Ries insegna: più un’azienda strepita che il suo prodotto è rivoluzionario, più è probabile che non lo sia davvero. Se davvero avessero inventato la ruota della lingerie, probabilmente non servirebbe urlarlo ai quattro venti; sarebbero i consumatori a gridare al miracolo.
Qui invece l’enfasi è tutta dall’azienda: manifesto, rivoluzione, nuovo standard, wow… Suona un po’ come quando ti dicono “questa sarà la festa dell’anno, non puoi mancare!” – di solito finisci a bere spritz annacquati in un locale semi vuoto. Ecco, Intimissimi rischia di creare aspettative troppo alte rispetto a ciò che il prodotto effettivamente è.
Per quanto buono possa essere un reggiseno, dubito fortemente che indossandolo “non si tratti più di un comune underwear” come dicono loro. Alla fine della fiera, sempre di reggiseno si tratta – non di un dispositivo antigravità o di un’esperienza mistica. L’esperienza wow promessa potrebbe tradursi in un “sì ok, è comodo, carino, ma rivoluzionario addirittura?”.
Conseguenza potenziale: dissonanza e delusione. Il pubblico attende il santo Graal dei reggiseni e riceve… un ottimo reggiseno, magari, ma pur sempre un reggiseno. Il rischio è bruciare credibilità. La Legge della Percezione ci ricorda che conta cosa percepisce il cliente: se chi prova il prodotto non percepisce davvero quel salto quantico proclamato, potrebbe bollare l’intera campagna come fuffa di marketing.
E quando un consumatore inizia a pensarlo, addio fiducia sul prossimo messaggio. Intimissimi deve stare attenta a non infrangere la Legge della Sincerità: avrebbe quasi giovato un filo di sincerità in più, magari ammettendo “abbiamo migliorato tantissimo il comfort” invece di “abbiamo superato i confini dell’universo intimo”.
Un approccio più onesto (es. “finalmente un push-up che non vedi l’ora di tenere addosso tutto il giorno”) avrebbe suonato più credibile e relatable (verosimile per la persona comune) direbbero gli americani. Invece qui hanno alzato l’asticella retorica a livelli spaziali: speriamo che il prodotto salti davvero così in alto, sennò la caduta potrebbe far male.
Hai presente la retorica del fuffaguru di turno che con il suo corso promette di farti diventare milionario in due giorni? Ecco, sto esagerando, non dico che siamo a quei livelli di fuffa ma il grado di retorica è più o meno quello.
2. Troppe promesse insieme – violazione della Legge del Focus e del Sacrificio: Bellezza, comfort e innovazione. Tre cose tutte insieme, in un colpo solo. A voler essere maligni: “non si tratta più di un comune underwear” – infatti, sembra si tratti della lampada di Aladino che esaudisce tutti i desideri contemporaneamente. Vi ricordate quando ho iniziato a sbuffare già dall’introduzione? Era questo il motivo.
Qui Intimissimi pare voler abbracciare ogni possibile argomento di vendita:
è bello (estetica),
è comodo (funzionalità),
è innovativo (novità).
Capisco la tentazione: ogni brand vorrebbe dire “ho tutto io, non cercare altrove”. Ma è anche (mi scuso per il mio essere diretto) una roba da marketer dilettante, Al Ries docet: devi scegliere una cosa per cui essere conosciuto, altrimenti nella mente del cliente non sarai conosciuto per nulla.
La Legge del Focus dice che il concetto di marketing più potente è possedere una parola nella mente del cliente. Qual è la parola di Intimissimi? Comfort? Bellezza? Femminilità? Innovazione? “UnderWow” stesso è una parola con poca chiarezza semantica di per sé – un bel gioco di parole, ma la gente dovrà rifletterci per capirlo (underwear+wow, ok, creativoni belli del mio cuore, non serve una laurea… ma è pensiero laterale superfluo e quasi dannoso quando si cerca di brandizzare un concetto). Nel dubbio loro le sparano tutte:
wow
comfort
sexy
high-tech
Questo è anche un problema di sacrificio: la Legge del Sacrificio afferma che per ottenere qualcosa devi rinunciare a qualcos’altro (segmento, target, messaggio). Qui sembra che Intimissimi non abbia voluto rinunciare a nulla. Chi è venuto o verrà al mio tour in giro per l’Italia sa che il problema principale per un’azienda o un brand è proprio voler essere “Tutto per tutti”.
Qui chi è il target principale?
Tutte le donne di tutti i gusti: quelle che vogliono il pizzo sexy e quelle che vogliono stare comode tutto il giorno.
Posizionamento: lussuoso e quotidiano.
Stile: essenziale ma audace.
Insomma un po’ di schizofrenia strategica. Certo, l’abilità del marketing sta anche nel bilanciare gli opposti, ma attenzione: se provi a accontentare tutti i pubblici con tutti i benefit rischi di finire nella temuta terra di nessuno. È un classico esempio di estensione di linea concettuale: estendere il brand a significare troppe cose. La storia insegna (Legge dell’Estensione di Linea) che brand che allargano troppo il tiro perdono identità. O non decollano.
Facciamo un esempio: Victoria’s Secret per anni è stata focalizzata sul sex appeal glamour (poco comfort, molto spettacolo) e infatti chi voleva quello andava lì; dall’altra parte c’erano marchi di lingerie comfort (es. sloggi, Triumph) che puntavano tutto sulla comodità ma non sullo scintillio.
Intimissimi in Italia è sempre stata un po’ a metà strada (sexy ma portabile). Ora però, elevando la narrativa comfort a questo livello, entra in un territorio dove altre già sgomitano (tutte le nuove startup di lingerie “comfy” tipo ThirdLove, Savage x Fenty – che però puntano anche su inclusività, altro tema ancora).
Intimissimi dice: “io sono sia sexy che comoda, sia tradizionale (pizzo) che innovativa (fibra nuova)”.
Funzionerà? Forse, ma la Legge dell Attributo suggerisce un altro approccio: ogni attributo dominante ha il suo opposto altrettanto efficace. Se scegli “comfort”, devi magari rinunciare a “ultra-seduzione” come focal point, e viceversa.
Provare a possederli entrambi è rischioso perché nella mente del consumatore comfort estremo = mutandoni, seduzione estrema = scomodità sexy.
Stanno cercando di ribaltare questa equazione (e sarebbe bello riuscirci e io tifo per loro!), ma cambiare percezioni radicate è impresa ardua e lunga (Legge della Prospettiva: il marketing ha effetti a lungo termine). Non avverrà grazie a un solo slogan o a una sola stagione di campagne.
In sintesi, messaggio un po’ dispersivo: UnderWow come nome fa pensare al wow factor, però poi tutto il discorso insiste su comfort e naturalezza. Non sarebbe forse stato più potente martellare su una cosa tipo “il reggiseno più comodo che tu abbia mai provato (e guarda caso anche bello)”?
Invece di lanciare questa mini-sfilata di benefit dove rischi di perderti? Focus, gente, focus! Al Ries col suo libro ci bacchetta: “Focalizzatevi su una sola parola!”. Al momento temo che “UnderWow” non sia né carne né pesce come concetto nella mente del pubblico, e sarà da vedere se verrà ricordato per qualcosa di preciso o dimenticato a fine stagione.
3. Il rischio di un “effetto WOW” effimero – violazione della Legge della Coerenza (non ufficiale, me la sto inventando ora io, ma fondamentale): Una campagna può avere successo come evento mediatico, ma se non si innesta in una strategia di brand coerente, l’effetto svanisce presto.
Intimissimi con UnderWow cerca di ridefinire il proprio brand image, OK. Ma dovrà dimostrare continuità su questa strada. La coerenza nel tempo è cruciale: Focus di Ries insegna che molte aziende falliscono perché non restano fedeli alla propria focalizzazione abbastanza a lungo, spaventate o sedotte da qualcos’altro.
Se The UnderWow è solo la buzzword del momento e poi il prossimo anno Intimissimi tirerà fuori un’altra campagna completamente diversa (magari un’altra celebrity, un altro concetto), rischiamo l’effetto yo-yo comunicativo. Oggi comfort sexy wow, domani chissà.
Per costruire un posizionamento solido (“Intimissimi = comfort quotidiano sexy” ad esempio) serve martellare quel chiodo a lungo. La Legge della Perseveranza (ok, non è nel libro originale di Al Ries, la sto inventando ora pure questa presa comunque dai suoi insegnamenti) direbbe: sii coerente col tuo messaggio e resisti alla tentazione di cambiarlo per capriccio.
Un esempio di pericolo concreto per dimostrare che non parlo da teorico con la puzza sotto al naso: nel 2023 Intimissimi ha usato Jennifer Lopez come testimonial in una campagna molto glamour (ricordate JLo in lingerie di seta tra scenografie sfarzose?).
Quella comunicazione puntava più sul lato definito in gergo tecnico luxury/daring, con una star ultra-famosa “+50 anni”, parlando a un segmento evidentemente diverso da quello attuale. Ora con Barbara Palvin, 30enne ex VS Angel, virano su comfort e target più giovane. C’è una svolta strategica in atto? Potrebbe essere, il che va bene se è ragionata.
Ma se J.Lo era un episodio e Barbara Palvin un altro scollegato, il brand rischia confusione: “Ma Intimissimi è quello di J.Lo cougar sexy o quello comfy per millennial?”. Deve emergere un fil rouge.
Forse l’idea dietro la creatività proposta è: “tutte le donne, di ogni età, possono trovare in Intimissimi il loro comfort seducente”. Nobile, non è che non ci arrivo eh? Perché purtroppo è sempre ovvio dove certe creatività vogliano andare a parare… ma di nuovo, troppo ampio.
Vedremo se manterranno Barbara Palvin e il tema comfort anche in future campagne, o se l’anno prossimo ci ritroviamo un’altra testimonial e un altro claim. La marca deve costruire associazioni precise e costanti nella mente del pubblico. Rome wasn’t built in a day, e nemmeno un posizionamento di brand.
4. Concorrenti e Legge dell’Opposto: Nel mercato globale, Intimissimi non gioca da sola. E forse è questo il punto che tutti dovremmo ricordarci quando analizziamo il marketing di qualunque azienda. Mentre loro spingono su comfort+femminilità autentica, altri brand potrebbero muoversi di conseguenza. E quindi dovremmo ragionare come se stessimo vedendo una mossa di una partita a schacchi, non una fotografia statica che ci può “piacere” o “non piacere”.
Non è il problema del “se mi piace la campagna con la Palvin” o il classico “Ma cosa ne sai tu, loro hanno pagato le più grandi agenzie del mondo”. Ci mancherebbe. È proprio che un bravo marketer esperto di posizionamento non parla mai per dare fiato ai denti ma guarda lo scenario come pezzi semoventi su una scacchiera. Vediamolo nel dettaglio:
La Legge dell’Opposto dice: se sei il n.2, posizionati all’opposto del leader per catturare chi non ama l’offerta del leader. Intimissimi in molti mercati è forte ma non necessariamente leader assoluto (pensiamo agli USA dove dominava VS, o ad altri Paesi con brand locali forti).
Se Intimissimi ora cerca di prendersi il trono del comfort elegante, un concorrente furbo potrebbe prendere la strada opposta e urlare: “dimentica il comfort, noi ti diamo il vero sexy spinto!”.
Oppure, al contrario, un competitor ultra-comfy (e ce ne sono molti anche che abbiamo già citato) potrebbe dire: “noi siamo ancora più comodi, zero pizzi e fronzoli, pura funzionalità”, per differenziarsi. In pratica mettendo in risalto quelli che Intimissimi ha dovuto un po’ sacrificare nel compromesso.
Ad esempio, un brand emergente potrebbe attaccare: “I pizzi e i merletti non saranno mai così comodi come un tessuto tech minimal: lascia stare il wow e scegli l’underwear vero”.
Se fossi Triumph o un marchio storico, magari punterei su un messaggio di autenticità del prodotto senza marketing slang:
“Noi non abbiamo bisogno di chiamarlo wow: facciamo reggiseni che da 100 anni fanno sentire bene le donne”.
Ecco che la trovata di Intimissimi potrebbe essere vista come troppo marketing-driven e innescare reazioni contrarie.
Certo, questo è normale dinamica di mercato. Ma la domanda è: Intimissimi sta costruendo una forte differenziazione difendibile?
O sta lanciando un concetto che altri possono subito imitare/sminuire? “Comfort + bello” non è brevettabile – oggi lo dicono già in tanti. Loro con la Palvin e la comunicazione patinata ci hanno solo gettato sopra una mano di bianco.
Hanno il naming UnderWow che è unico loro, ma quello è solo uno slogan, non una differenziazione di sostanza. Se UnderWow non radica un’associazione chiara (tipo: “ah sì, Intimissimi = quel reggiseno supercomodo in pizzo”), allora la battaglia rimane su territori noti dove gli avversari possono combattere (prezzo, varietà, inclusività di taglie – a proposito, hanno detto “ogni donna wow ogni giorno”, ma hanno poi ampliato davvero la gamma taglie? Non l’ho trovato nei comunicati… se non l’hanno fatto, occhio, perché parlare di “ogni donna” e poi magari vestire solo fino alla 4D come loro abitudine è un attimo che il pubblico se ne accorge e tutta la campagna passa per furbizia e ipocrisia bella e buona).
5. Dalla strategia alla vendita: c’è coerenza commerciale? Ultimo punto critico: l’iniziativa The UnderWow deve anche tradursi in soldoni, letteralmente. Hanno creato hype, ma il prodotto c’è sugli scaffali e online? Mi sembra di sì, a quanto pare il Denise bra e compagni sono disponibili nei negozi e sul sito in colori basic (nero e beige).
Però attenzione: Intimissimi notoriamente lancia molti modelli e collezioni stagionali. Se una cliente incuriosita dalla campagna entra in store,
trova facilmente “l’area UnderWow”?
Il personale è formato per spiegarle ‘sta storia del pizzo 97 e del comfort?
Oppure rischia di perdersi tra mille altri articoli (Intimissimi ha un catalogo vasto di pizzi, microfibre, push-up, balconcini, bralette…)? Questo attiene alla esecuzione commerciale: in questo tipo di settore, una grande campagna può fallire nel convertire se in negozio il messaggio si annacqua.
La Legge dell’Ultimo Miglio (mi permetto di aggiungerne un’altra non ufficiale, spero che Al di là non si incazzi troppo per come sto inventando nomi di leggi oggi) direbbe:
assicurati che la promessa di marketing si concretizzi nell’esperienza d’acquisto.
Se Intimissimi fosse una case history del suo libro Focus, Al Ries avrebbe da ridire sul fatto che l’azienda continui ad avere linee diversissime (dal cashmere ultralight ai reggiseni sportivi, ai completini sexy) tutte sotto lo stesso tetto: questo può generare confusione in store.
Se entrano nuove clienti attirate dal claim “super comfort”, ma poi vedono principalmente reggiseni push-up classici e solo un corner di questa nuova linea, potrebbero pensare “ah ok, è solo una collezioncina come le altre”.
In pratica The UnderWow deve essere sostenuto anche da una strategia commerciale focalizzata, almeno nel periodo della campagna:
dare massima visibilità a quei prodotti,
magari fare promo speciali di lancio,
incentivare le commesse a proporli, ecc.
Non avendo dati interni, non posso sapere come stiano gestendo la cosa sul campo. Ma la storia ci insegna che spesso i reparti marketing fanno il fuoco d’artificio comunicativo e poi il retail operation (come lavorano gli addetti in negozio) non è sincrono. Se così fosse (spero di no, magari qualche donna potrebbe aiutarci nei commenti andando a visitare un negozio), si perderebbe slancio e si infrangerebbe la promessa di innovazione nelle mani (anzi addosso) della cliente.
Conclusioni – Consigli (non richiesti) in salsa Frank Merenda
Tiriamo le somme con franchezza brutale : l’idea di fondo di Intimissimi non è malvagia, anzi è condivisibile e sulla carta ha diversi elementi vincenti. Chi non vorrebbe avere un intimo che fa sentire comoda e allo stesso tempo una dea? Il mix comfort+sensualità è un Santo Graal introvabile del settore, e Intimissimi sta provando a dire “ce l’abbiamo noi”. Fin qui, applausi per il coraggio e per aver investito seriamente nel comunicarlo.
Ma attenzione: il diavolo sta nei dettagli – e nelle immutabili leggi del marketing che, volenti o nolenti, tendono a farsi valere. Se fossi al tavolo con i manager di Intimissimi (tanto non mi chiamano, tranquilli) i miei consigli sarebbero:
- Semplificare e focalizzare ulteriormente il messaggio: UnderWow come termine è carino ma vago. Serve martellare nella mente del pubblico l’associazione chiave – verosimilmente “Intimissimi = comfort quotidiano chic” o qualcosa del genere.
Meno slogan enfatici e più concretezza su cosa rende questo prodotto diverso. Se mi avessero chiesto di non toccare troppo la loro idea di base, io avrei persino osato un claim più semplice tipo:
“L’effetto wow è sentirti comoda”.
Così piglio in giro indirettamente i concorrenti che fanno wow solo con l’estetica, e mi prendo la parola comoda (oltre che wow). Insomma, trovare una parola e non mollarla. Se è “comfort”, che comfort sia, e pazienza se per un po’ non parleremo di “innovazione” in ogni frase. La vera innovazione sarà dominare l’idea di comfort sexy.
- Non tradire le aspettative: prodotto e post-vendita al top. Se dici che il tuo reggiseno è l’apoteosi della comodità, assicurati che lo sia davvero. Materiali, fitting, taglie: tutto deve essere impeccabile.
E ascolta i feedback: se le recensioni clienti dicono “bello ma il pizzo pizzica” o “comodo ma supporta poco”, corri ai ripari subito. Nulla uccide una campagna come la realtà dei fatti. In più, dare continuità: UnderWow non deve sparire dal catalogo dopo tre mesi. Se è “un nuovo standard”, allora questi modelli (Denise, Emma, etc.) dovrebbero restare disponibili e magari ampliarsi in colori o varianti, diventare un pilastro permanente.
Al Ries direbbe: costruisci equity su quella linea, non fare la meteora. E addirittura nel tempo diventare la focalizzazione principale di Intimissimi. O addirittura un brand a sè (io farei così sinceramente) del quale valutare un vero e proprio spin-off.
- Evitare la trappola dell’estensione selvaggia: Già ora nel menu Intimissimi ci sono mille collezioni (UnderWow, Ultralight Cashmere, ecc.). Va bene segmentare, ma occhio a non confondere. Focus, focus, focus! Intimissimi è fortissima in lingerie femminile – che continui a investire lì, senza farsi venire strane idee di lanciare troppe nuove categorie col marchio (es. cosmetici, moda mare con brand Intimissimi – per quello c’è già Calzedonia nello stesso gruppo).
Mantenere il brand concentrato sull’intimo e sull’idea chiave di femminilità quotidiana. Ogni tentazione di mettere il logo Intimissimi su altro (profumi, accessori? Hanno già una piccola linea beauty, speriamo resti piccola) andrebbe valutata con cautela. La Legge dell’Estensione di Linea è sempre in agguato: resistete, gente! Meglio avere un brand che domina una categoria, che due che si pestano i piedi.
- Sii autentico, non solo aspirazionale: Un tono un po’ meno pomposo e più ironico/umano potrebbe giovare. Il pubblico di oggi percepisce le sparate di marketing a chilometri di distanza. Perché non fare anche un filo di autoironia? Tipo uno spot dove una donna comune dice: “Wow, questo reggiseno Intimissimi è talmente comodo che mi dimentico di toglierlo appena torno a casa… miracolo!”.
Un tono più alla mano rafforzerebbe la sincerità del messaggio. E qui cito la Legge della Sincerità di Ries: ammettere magari che finora molti reggiseni erano scomodi e che l’azienda lo sa e ha lavorato per rimediare, avrebbe creato empatia. Invece di suonare come “abbiamo scoperto l’acqua calda e ve la vendiamo come champagne”. In pratica, meno marketinghese, più verità.
- Monitorare la risposta e adattare la strategia di conseguenza: Se la campagna funziona, vedere i numeri: vendite su quella linea, aumento di brand preference, feedback social. Se qualcosa stona (es. il termine UnderWow non prende piede), non insistere per forza su un errore.
La Legge del Fallimento di Al Ries dice di riconoscere i flop presto e tagliare. UnderWow è un test in fondo: se non attecchisce, magari Intimissimi proseguirà con il concetto (comfort+sexy) ma cambiando modo di dirlo. E va bene così. L’importante è non intestardirsi su uno slogan se non rende, ma nemmeno buttare alle ortiche l’idea di base se è giusta. Aggiustare il tiro mantenendo il focus.
In definitiva, The UnderWow è un caso interessante di marketing della lingerie, che mescola intuizioni corrette e qualche rischio di autogoal. Hanno fatto molte cose bene – dal coinvolgere il pubblico al cavalcare un trend reale – e questo va riconosciuto.
Allo stesso tempo, stanno camminando sul filo sottile tra brand positioning ambizioso e overstretching di messaggio. Se Intimissimi riuscirà a mantenere l’equilibrio, potrebbe davvero consolidare una posizione unica sul mercato: quella del brand che ti fa sentire splendida senza farti soffrire in nome della bellezza. Se invece scivolerà, il pubblico italiano (e globale) non gliela perdonerà facilmente, bollando UnderWow come l’ennesimo slogan vuoto.
Dal mio cantuccio, con un caffè in una mano e con il telecomando a cercare la mia serie Netflix preferita nell’altra, faccio il tifo perché trovino la quadratura del cerchio. In un mondo di pubblicità spesso tutte uguali, vedere un brand che tenta qualcosa di diverso – pur con qualche eccesso di entusiasmo – è comunque rinfrescante.
L’importante è che al wow di facciata corrisponda un wow di sostanza. E ora scusatemi, vado a provare questo reggiseno Denise per vedere se mi fa levitare o almeno farmi esclamare “wow, davvero comodo!”. Solo allora, forse, crederò fino in fondo alla magia di UnderWow. Ciao pazzerelle, alla prossima!