NUTELLA Plant Based: Sarà un Successo?
Intervista esclusiva ad Al Ries, il padre del Posizionamento di Marca
Frank: Ciao Al, innanzitutto grazie per questa intervista. È un po’ che non ci sentiamo. Ti trovo in forma più che mai, è bello vederti. Senti, ho bisogno di una mano e solo tu puoi aiutarmi: Ferrero ha lanciato da poco Nutella Plant Based, cercando di entrare nel mercato vegano. O forse in quello degli intolleranti al lattosio? O entrambi? Devo confessarti che non ci capisco niente, sono confuso. Maestro aiutami, voglio sapere cosa ne pensi di questa mossa.
Al Ries: Ciao Frank, grazie a te per l’opportunità. È un po’ che nessuno mi intervistava e avevo proprio voglia di discutere con te di questa mossa di Ferrero, come facevamo ai vecchi tempi.
Allora…senti, Frank, l’estensione di linea è sempre stata una trappola. Lo dico da tempo. A lungo andare, non funziona. Quello che succede è che un’estensione di linea finisce per compromettere la chiarezza del marchio. Prendiamo Nutella. È conosciuta e amata per essere “LA” crema spalmabile alla nocciola e cacao, e questo è ciò che le persone hanno in mente quando pensano al brand.
Quando si introduce una versione plant-based, per quanto possa sembrare una risposta logica alle tendenze attuali, si rischia di diluire la forza e l'identità che il marchio ha costruito negli anni. La mente umana quando si tratta di marketing funziona per categorie, non per pura logica.
Nel caso di Nutella, è così potente che non vedo pericoli in realtà per il brand principale, ma la versione Plant Based potrebbe non ottenere nel lungo periodo quello slancio di lungo respiro che avrebbe un brand nuovo e specifico per la categoria “Spalmabili alla nocciola plant based”. Soprattutto perché la categoria è ancora giovane e i giochi non si sono ancora chiusi con un leader e un co-leader forti e inscalzabili.
Frank: Però Ferrero ha deciso di non creare un nuovo brand, ma di sfruttare il nome di Nutella. Non pensi proprio che possa essere una strategia efficace?
Al Ries: Ascolta, io adoro Ferrero e l’ho sempre portata come esempio di scelte di branding meravigliose nel corso degli anni. Ma un’azienda non è una entità unica e immutabile. Molto dipende da chi prende le decisioni in quello specifico momento. Beh, tornando alla domanda, nel breve termine potrebbe anche sembrare una mossa intelligente. Ne capisco perfettamente il motivo. È una cosa tipica di un manager che vuole giocare sul sicuro e non rischiare.
Certo, se la categoria non nascesse veramente mai o rimanesse piccola e i vari concorrenti optassero tutti per una estensione di linea, Nutella Plant Based avrebbe la sua quota di mercato e detto tra noi credo sia quello che sperano i manager attuali di Nutella.
Una Lindt Plant Based, una Rigoni Plant Based, una Novi Plant Based ecc… per spartirsi tranquillamente la torta come nella categoria “madre”. I manager Ferrero sperano e puntano sul fatto che accada questo. E li capisco.
Il rischio, se parliamo di opportunità di marketing, è trovare un’azienda che si introduca nella categoria per dominarla con un brand originale percepito come più autentico dal mercato di riferimento invece che estensioni di linea di marchi esistenti.
La storia ci dimostra che il brand autentico avrebbe le maggiori chance di dominare la categoria, anche con poco budget di partenza e una fama minore rispetto ai concorrenti più famosi.
Detto tra noi, non credo che Michele Ferrero avrebbe approvato una manovra di questo tipo. Avrebbe avuto una visione, avrebbe osato e sarebbe stato coraggioso nel crederci fino in fondo. Ne sono certo.
Ha sempre fatto così e ha sempre avuto ragione. Non ha mai mollato anche quando rarissimamente ha avuto torto, come nel caso di Gran Soleil. Non ce lo vedo a lanciare la variante “vegana” della Nutella. Non importa quali dati, ricerche, statistiche gli avrebbe portato il management e i consulenti vari.
Usando un marchio così potente come Nutella, si può sicuramente catturare l’attenzione di chi è curioso o già fedele al prodotto. Inoltre i manager a differenza degli imprenditori, si affidano ai sondaggi.
Conosci la procedura. Hanno chiesto per anni ai clienti come accade sempre: “Tu avresti più fiducia a comprare una spalmabile vegana col nome di Nutella Plant Based o col nome di Verdilla? (sto inventando per ridere)”. E tutti ovviamente hanno risposto “Nutella Plant Based”.
Cosa diavolo è Verdilla? Nessuno l’ha mai sentita nominare quindi la gente risponde col brand noto. È così che nascono le estensioni di linea. Dai sondaggi al pubblico ai quali i manager “credono”.
Ma la domanda vera è: cosa succede nel lungo termine? Quando entri in un mercato come quello plant-based, con brand che fortunatamente per te ancora non si sono specializzati su quella nicchia, il rischio è che tu venga percepito come un “me too”, una semplice copia senza una vera identità propria che cavalca e “spreme” il suo brand principale e basta.
In sintesi non è che “non vendi”. Non è quello il punto. È più un problema di dimensione dell’opportunità a lungo termine. Nel breve periodo puoi creare sicuramente attenzione e PR in maniera facile con il lancio di qualcosa che si chiama Nutella.
Ma nel medio periodo la domanda che mi pongo è: ci credi davvero o non ci credi in quella nuova categoria? Perché se ci credi, Ferrero stessa ha dimostrato negli anni come si fa. Il “Ferrero Rocher Bianco”, non si chiama così. Lo hanno chiamato “Raffaello”.
Dovrebbero semplicemente continuare a fare quello che sanno fare meglio di tutti gli altri: lanciare brand nuovi per conquistare una categoria ed espanderla. Non estensioni di linea per racimolare quote di mercato, sperando che nessuno mai si svegli e che tutti i concorrenti si limitino -come stanno facendo ora- a lanciare altrettante estensioni di linea.
Se la categoria diventasse realmente interessante, il rischio di un concorrente che lanciasse un brand specifico per dominarla diventerebbe molto concreto. E Ferrero avrebbe perso una opportunità. Cosa che in passato, bisogna dargli atto, raramente ha fatto.
Nutella è fortemente associata a un gusto specifico e a una categoria ben precisa, e quando ti allontani troppo dal cuore del marchio per inseguire “minoranze” con quello stesso brand, rischi di creare confusione tra i consumatori.
Frank: Quindi secondo te Nutella Plant Based non ha futuro?
Al Ries: Non è detto che non possa vendere, certo. Potrebbe avere un buon impatto iniziale. Ma la vera questione è se Nutella Plant Based riuscirà a costruirsi un’identità propria e distinta da quella della Nutella classica, oppure se finirà per confondere il pubblico.
E qui sta il problema delle estensioni di linea: se non hai una chiara differenziazione, non solo rischi di non avere successo, ma potresti anche indebolire l’intero brand principale. Questo è un rischio che Ferrero dovrà affrontare. Non penso che Nutella Plant Based minerà le vendite degli appassionati di Nutella, ma vi è una enorme possibilità e la storia del marketing lo conferma, che possa finire per cannibalizzare e basta o poco più, vendite che già vengono effettuate dal “guilty pleasure” Nutella originale.
Frank: Al, Ferrero come abbiamo detto tante volte è famosa per il suo posizionamento di marca impeccabile, con esempi come Kinder, Ferrero Rocher, Tic Tac e molti altri, che dominano le loro categorie. Ma ci sono stati anche flop, come Grand Soleil. Cosa ne pensi? Anche Ferrero può sbagliare?
Al Ries: Assolutamente, Frank. Nessuna azienda, per quanto brillante, è immune dagli errori strategici. Anche perché come abbiamo detto “le aziende” non esistono ma dipende in un dato momento “chi” prende le decisioni.
Ferrero ha fatto in passato un lavoro eccellente con brand come Kinder, Ferrero Rocher e Tic Tac, che sono diventati leader delle loro categorie.
Ma poi c'è Grand Soleil, un tentativo fallito. Il problema, a mio avviso, è che quando un'azienda esce troppo dal proprio core business – come è stato con Grand Soleil, un dessert da frigo – rischia di non avere successo.
Ferrero è un maestro nel settore dolciario, ma quando tenta di entrare in una categoria che non le appartiene, anche loro possono fare degli errori. È un esempio di come persino i migliori possano inciampare se perdono il focus. E stiamo parlando probabilmente dell’azienda migliore del mondo con il più alto tasso di successi e scelte giuste nel corso degli anni, ricordiamolo sempre.
Frank: E parlando di Nutella, Ferrero ha lanciato diverse varianti nel corso degli anni. Alcune di queste non hanno mai avuto davvero successo, come Nutella Peanut Butter o Nutella con cacao extra. Come mai?
Al Ries: Esatto, Ferrero ha provato diverse varianti di Nutella nel corso del tempo. Prendiamo Nutella Peanut Butter, per esempio. È una combinazione che avrebbe potuto funzionare bene negli Stati Uniti, dove il burro di arachidi è popolare. Eppure, non è mai decollata veramente.
Poi c'è Nutella con più cacao, che è stato un tentativo di modificare la formula originale. Anche qui, non ha funzionato perché i consumatori sono abituati a un gusto specifico quando pensano a Nutella. Cambiare quella formula magica rischia di alienare il pubblico. Il successo di Nutella deriva proprio dal suo equilibrio unico di ingredienti. Le varianti che si allontanano da quel gusto distintivo non riescono a trovare lo stesso riscontro.
So che per qualcuno suona irrealistico e insensato, me ne rendo conto, ma una spalmabile Ferrero fondente con un brand nativo invece che “Nutella Cocoa +” nel medio periodo avrebbe avuto molto più successo e diffusione mondiale invece che rimanere geolocalizzata e con una distribuzione limitatissima. Sicuramente avrebbe avuto successo in tutti quei Paesi dove il cioccolato fondente è più popolare o altrettanto popolare di quello al latte.
Inoltre, se nemmeno Nutella riesce a imporre davvero a livello globale una sua variante seppur a prima vista molto sensata, non dovremmo noi interrogarci ogni volta che cerchiamo di fare di peggio con brand molto più deboli?
Frank: Al, mi stai facendo vergognare perché dici cose troppo intelligenti per il mio limitato intelletto. Ma tornando a parlare del trend vegano, abbiamo visto una crescita significativa negli ultimi anni, però ci sono segnali di rallentamento. Cosa ne pensi di questo sviluppo?
Al Ries: Beh, Frank, il veganismo ha indubbiamente guadagnato molta attenzione, ma come spesso accade con i trend, c’è un ciclo di crescita e poi, in alcuni casi, un assestamento o rallentamento. Abbiamo visto questo fenomeno in diversi mercati. Ad esempio, negli Stati Uniti, le vendite di alimenti plant-based sono cresciute solo del 2% nel 2022, un netto calo rispetto al 43% del 2020.
Nel Regno Unito, il numero di persone che si identificano come vegane è addirittura sceso dal 2% all’1,4% tra il 2019 e il 2022. Anche in Italia, c'è stata una lieve flessione, come riportato dall'Eurispes, con il numero di vegani e vegetariani che è sceso all'8,2% nel 2022 rispetto all'8,9% dell’anno precedente.
Frank: E quali sono le cause di questo rallentamento? Alcuni parlano di chiusure di ristoranti vegani o di vendite deludenti di prodotti come il Beyond Burger.
Al Ries: Esatto. Ci sono diversi fattori che contribuiscono a questa situazione. Abbiamo visto la chiusura di catene di ristoranti vegani, come By Chloe negli Stati Uniti e Hart House di Kevin Hart chiusi di colpo e senza preavviso proprio qualche giorno fa o Veggie Grill, Loving Hut, e Plant Powered Fast Food che hanno chiuso molte filiali negli ultimi anni.
Questo indica che il mercato potrebbe non essere così robusto come molti pensavano anni fa quando sembrava una moda destinata a non fermarsi. Poi ci sono le prestazioni di prodotti vegani di grande notorietà, come Beyond Burger, che non hanno raggiunto le aspettative di vendita.
E c’è anche una certa resistenza da parte dei consumatori riguardo al gusto e alla consistenza di alcuni alimenti plant-based, oltre alle preoccupazioni sull'impatto ambientale e sulla lista degli ingredienti, spesso complessa.
Frank: E per quanto riguarda i vegani più "puri"? Sembrano restii ad acquistare prodotti da aziende che producono anche alimenti di origine animale, come Ferrero.
Al Ries: Sì, questo è un punto cruciale. I vegani più convinti spesso diffidano di aziende che, pur producendo prodotti vegani, continuano a essere legate a prodotti di origine animale.
Nutella Plant-Based si troverà di fronte a questa sfida. Ferrero potrebbe dover fare i conti con la diffidenza di una parte del pubblico vegano, che potrebbe preferire brand dedicati esclusivamente al veganismo. Questo è un problema comune per i grandi brand che cercano di entrare in nicchie già ben definite.
Frank: Credi che il lancio di Nutella Plant-Based sia arrivato in un momento difficile?
Al Ries: Sì, potrebbe essere. Il mercato vegano, nonostante offra ancora opportunità di crescita, è molto più complesso e competitivo di quanto si potesse prevedere inizialmente. Non basta più lanciare un prodotto plant-based.
Ferrero dovrà convincere non solo i vegani, ma anche i consumatori attenti alla salute e all'ambiente, che Nutella Plant-Based rappresenta una valida alternativa e soprattutto in linea con la loro filosofia.
E, come abbiamo detto, la sfida non sarà solo con i vegani più puri, ma anche con i brand che già sono presenti in questa questa categoria e che offrono creme spalmabili vegetali già posizionate. Certo, nessun brand è potente come Nutella in nuce.
Ma il rischio di perdere una opportunità è sempre alto. Soprattutto se i vegani stessi dovessero “avercela” con Ferrero e rigettare il prodotto nonostante sia “dedicato” a loro.
Frank: Quindi pensi che il successo di Nutella Plant-Based non sia affatto garantito?
Al Ries: Esattamente, il successo non è garantito. Anche se dipende di che tipo di successo parliamo. Ferrero dovrà adottare una strategia di marketing estremamente mirata e convincente per superare queste sfide. Dovranno differenziare chiaramente il prodotto dalla Nutella tradizionale e convincere i consumatori che questo è un prodotto davvero valido, non solo una semplice estensione di linea “ammiccante”. E, naturalmente, dovranno farlo in un mercato in continua evoluzione.
Se lo scopo è solo raccogliere qualche briciola di mercato in più da chi vorrebbe mangiare “più Nutella” di quella che mangia ma si trattiene perché ha preferenze “veg” è una cosa.
Ma creare un trend, una categoria e soprattutto convincere un pubblico “duro e difficile” come i sostenitori veg del plant based può essere una sfida che Ferrero non può vincere con una estensione di linea. Nemmeno molti degli altri concorrenti, sia ben chiaro. È di questa opportunità che sto parlando esattamente.
Frank: Al, quindi parlando di competizione, Nutella Plant Based sembra entrare in un mercato dove ci sono già marchi piccoli ma ben consolidati nel mondo vegano, per quanto oggi non enormi in termini di volumi, come Vegó. Qual è il tuo punto di vista su questo?
Al Ries: È proprio questo il problema, Frank. Quando entri in un mercato come quello plant-based, che ha già brand nativi e ben posizionati come Vegó, affronti una concorrenza molto forte. Vegó, per esempio, ha costruito una solida identità nel mondo vegano, e ciò gli dà un vantaggio competitivo. È percepito come autentico, come un marchio che appartiene a quel mondo.
Non hanno i soldi, la fama, la portata, i canali distributivi e il budget di marketing di Ferrero. E questo in Ferrero lo sanno e lo hanno ben calcolato. Inoltre a mio avviso hanno sbagliato la confezione che è una copia di quella della Nutella. Ma questo in una nicchia vegana potrebbe non essere così rilevante.
Nutella Plant Based, d’altra parte, rischia di apparire come un’estensione di linea opportunistica, più un tentativo di capitalizzare su una tendenza che una vera e sincera innovazione.
Frank: Quindi, secondo te, Ferrero avrebbe dovuto creare un nuovo brand invece di estendere Nutella? Anche solo dirlo per alcuni potrebbe sembrare follia.
Al Ries: Esattamente. Ferrero avrebbe avuto una chance molto più forte se avesse lanciato un marchio completamente nuovo, dedicato esclusivamente alla crema spalmabile alla nocciola plant-based. Un brand con un’identità chiara e ben posizionata nel mercato vegano avrebbe avuto una probabilità maggiore di emergere. Nutella Plant Based, al contrario, rischia di non essere percepita come autentica dai consumatori vegani.
Inoltre, manca quell’innovazione radicale che spesso serve per attrarre nuovi clienti in un segmento così specifico. Il rischio è che Ferrero stia perdendo per poco coraggio e meri calcoli derivati dai classici sondaggi e interpretazioni di trend, l’opportunità di guidare un segmento nascente… lasciando così spazio ad altri marchi, che sono già visti come pionieri in questa categoria ma soprattutto sono percepiti come più autentici.
Frank: Quindi, in sostanza, pensi che questa estensione di linea possa non avere l’impatto sperato?
Al Ries: Esattamente, Frank. Non è che Nutella Plant Based non possa vendere. Venderà. Il problema è che potrebbe non riuscire a catturare quella fetta di mercato che cerca autenticità e innovazione. Autenticità, originalità e innovazione sono sempre stati un mantra per Michele Ferrero, ma anche per Pietro e Giovanni.
Sembra che oggi il management attuale invece stia giocando più sul sicuro come farebbe un’azienda qualunque con una banale estensione di linea per non rischiare nulla. Non sono certo che l’attuale dirigenza su questo lancio si stia comportando all’altezza del coraggio dei fondatori dell’azienda.
Un marchio dedicato avrebbe dato a Ferrero l'opportunità di costruire una presenza forte e distinta nel mondo plant-based, senza diluire l'identità di Nutella e, allo stesso tempo, senza apparire come una semplice mossa opportunistica.
Frank: Al, abbiamo parlato di come Nutella Plant Based si inserisca nel mercato vegano, ma che mi dici degli intolleranti al lattosio? Questo potrebbe essere un mercato più ampio, giusto?
Al Ries: Assolutamente, Frank. Se guardi ai numeri, l'intolleranza al lattosio è molto più diffusa del veganismo. Parliamo di circa il 65% della popolazione mondiale che ha difficoltà a digerire il lattosio. In alcune regioni, come l'Asia e l'Africa, quel numero sale anche all'80-100%. Anche in Italia, dove Nutella Plant Based è stata lanciata, si stima che circa il 50-60% della popolazione possa essere intollerante al lattosio in una certa misura. Quindi sì, c'è sicuramente un'opportunità qui.
Frank: Quindi Nutella Plant Based potrebbe davvero fare presa su questo pubblico?
Al Ries: Beh, in teoria sì. Gli intolleranti al lattosio rappresentano un segmento molto più grande rispetto ai vegani, ed è un mercato che sta crescendo. In Italia, ad esempio, la domanda di prodotti senza lattosio è aumentata del 10% negli ultimi anni. È un'opportunità reale, perché questi consumatori sono alla ricerca di alternative che permettano loro di evitare il lattosio senza rinunciare al gusto. Tuttavia, c'è un grosso problema.
Frank: Quale problema?
Al Ries: Nutella Plant Based non è completamente priva di contaminazioni incrociate con il latte. L’etichetta lo dice chiaramente: può contenere tracce di latte perché viene prodotta negli stessi stabilimenti dove si lavorano latticini. Questo potrebbe scoraggiare molti consumatori intolleranti al lattosio, specialmente quelli che devono evitarlo completamente.
Anche se potrebbe andare bene per chi ha un’intolleranza lieve, chi cerca un prodotto veramente sicuro non si fiderà di un prodotto con possibili contaminazioni. È un grosso limite per Ferrero, perché restringe il pubblico potenziale.
Frank: Quindi pensi che questo aspetto limiterà il successo di Nutella Plant Based?
Al Ries: Penso di sì. È un’occasione mancata. Ferrero ha la possibilità di accedere a un mercato vasto, ma il fatto che non possano garantire un prodotto completamente senza lattosio potrebbe alienare una parte significativa di quel pubblico. In un mercato dove i consumatori sono sempre più attenti a questi dettagli, non essere in grado di offrire una soluzione priva di rischi è un ostacolo importante.
Frank, diciamola tutta: la maggior parte delle persone intolleranti al lattosio può tollerare fino a circa 12 grammi di lattosio senza manifestare sintomi. Nutella originale contiene 4.9 grammi di lattosio per 100 grammi di prodotto, quindi una persona intollerante potrebbe consumarne circa 200-300 grammi prima di avvertire sintomi, che comunque dipenderebbero dalla sensibilità individuale.
Dunque, in pratica, servirebbe mangiare mezzo chilo di Nutella “normale” in una sola volta per superare i limiti di tolleranza per la maggior parte delle persone intolleranti che possono arrivare anche a 18-20 grammi.
Ma questo non è il punto. Marketing e realtà oggettiva non sempre vanno d’accordo. Anche se dal punto di vista tecnico nemmeno la Nutella normale causa grandi problemi agli intolleranti, il marketing ha un ruolo cruciale. I consumatori cercano rassicurazioni.
Se un prodotto non dichiara esplicitamente di essere "senza lattosio", molti lo eviteranno semplicemente per sicurezza. La paura è il motore più potente del mondo e spesso fa da deterrente agli acquisti.
Frank: Quindi pensi che Ferrero dovrebbe dichiarare esplicitamente che Nutella Plant Based è sicura per gli intolleranti al lattosio?
Al Ries: Esattamente. Anche se la quantità di lattosio è bassa, è una questione di percezione. Ferrero dovrebbe lanciare una Nutella Plant Based "interamente senza lattosio", perché il marketing gioca su queste paure e incertezze. Un'etichetta che garantisce che non ci siano rischi per chi è intollerante attirerebbe un pubblico molto più ampio, senza dover cambiare il prodotto stesso.
Poi uno può anche pensare che le persone siano stupide, disinformate e abbiano paure irrazionali. Ma il mondo è fatto da chi vuole avere ragione e fa il gastroenterologo e da chi invece fa i miliardi vendendo col marketing i suoi prodotti. E Michele Ferrero non era un gastroenterologo.
Inoltre se tu fossi in Ferrero, ti metteresti a spingere sul: “Tranquilli, mangiatela pure che nel grosso male non vi farà!” sapendo che se qualcuno muore per shock anafilattico o allergia (che può manifestarsi in forma grave anche senza preavviso), finisci su tutti i giornali e al centro di uno scandalo di dimensioni globali?
Frank: Ehm… ora che mi ci fai pensare, no. Al, ma Nutella Plant Based è stata lanciata solo in Italia, Francia e Belgio, piuttosto che a livello globale. Cosa ne pensi di questo approccio limitato?
Al Ries: Sai, Frank, quando un'azienda già consolidata a livello mondiale crede davvero in un prodotto o in una nuova categoria, tende a fare un lancio su larga scala. Il discorso è diverso ovviamente per una start-up che fa bene a partire in piccolo, lasciar lavorare le PR per qualche tempo e poi espandere lentamente il proprio raggio di azione.
Lanciare Nutella Plant Based in soli tre Paesi suggerisce che Ferrero stia adottando una strategia prudente. Come se fossero appunto una start-up non certa di quello che succederà.
Non è raro vedere aziende fare un test limitato per valutare la risposta del mercato, anzi io sono sempre stato il primo a consigliare questo tipo di approccio soprattutto per le PMI, ma non solo… ma questo può anche indicare una certa incertezza da parte di un grande gruppo. Se il mercato plant-based fosse così promettente come molti credono, ci si aspetterebbe un lancio molto più ampio, forse anche globale.
Frank: Quindi pensi che Ferrero possa avere dei dubbi sulla tenuta di Nutella Plant Based?
Al Ries: Esattamente. Il fatto che non abbiano fatto un lancio globale mi fa pensare che Ferrero stessa non sia completamente sicura del successo di questa estensione di linea. Invece di impegnarsi completamente, stanno testando le acque in mercati dove Nutella è già forte.
Ma bisogna chiedersi perché non abbiano spinto su mercati più grandi o internazionali. Se Nutella Plant Based fosse davvero un prodotto rivoluzionario, probabilmente vedremmo un impegno più deciso da parte loro. Un lancio globale o una copertura di più mercati chiave sarebbe stato un segnale di maggiore fiducia.
Frank: Quindi potrebbe essere una sorta di esperimento?
Al Ries: Esatto, sembra più un esperimento che un lancio aggressivo. Ferrero sta cercando di raccogliere dati e feedback dai mercati dove Nutella ha già una forte presenza per vedere se il prodotto ha il potenziale per essere ampliato. Tuttavia, la mancanza di un lancio su larga scala può anche essere interpretata come una mancanza di fiducia nel prodotto. Se credevano davvero che Nutella Plant Based potesse essere una grande rivoluzione, ci sarebbe stato sicuramente un approccio più deciso.
In confidenza e totale onestà, io in realtà penso che Nutella Plant Based parta da molto lontano. In Ferrero hanno iniziato a progettare questo prodotto molti anni fa, quando ancora il “sentiment” che il veg sarebbe stato il futuro era molto forte. Hanno lavorato tantissimo anche sul gusto. Molte prove di assaggio dicono che in doppio cieco il sapore è quasi indistinguibile dall’originale.
Poi però si sono trovati anni dopo al momento del lancio con dati molto meno confortanti e con trend non più in crescita come credevano. Per questo i manager ci stanno andando con i piedi di piombo, perché si sono trovati questa patata bollente in mano e devono gestirla nel migliore dei modi. E devo dire che, parlando di un lancio ristretto, concordo con la loro strategia.
Frank: Al, so che in passato sei stato molto critico riguardo alla decisione di Coca Cola di sopprimere TAB, che era leader nella categoria delle cola senza zucchero e zero calorie, per sostituirla con Diet Coke e altre varianti come Coca Light, Coca Life e Coca Zero. Potresti riassumere il tuo punto di vista su quella scelta?
Al Ries: Certamente, Frank. La decisione di sostituire TAB è stata, secondo me, un errore strategico. TAB era già leader di categoria per le cola senza zucchero e zero calorie, con una base fedele di consumatori. Introdurre Diet Coke, Coca Light e poi altre varianti come Coca Life e Coca Zero non ha mai permesso di riconquistare le quote di mercato che TAB aveva.
Anzi, ha finito per minare il posizionamento di Coca Cola, evidenziando implicitamente che la versione originale della Coca Cola è piena di zuccheri e fa ingrassare. Invece di proteggere il loro brand più prezioso, hanno creato una frammentazione che ha danneggiato l’intero posizionamento.
Frank: E a giochi fatti, quale sarebbe stata la tua proposta per Coca Cola?
Al Ries: Se avessero agito subito, ma probabilmente sono ancora in tempo a dire il vero, avevo suggerito di semplificare tutto, tornando a un unico brand: "Coca Cola, original taste zero calories". Così facendo, avrebbero potuto anticipare le tendenze del mercato che vedono un calo inarrestabile e inevitabile delle vendite di bevande zuccherate, mantenendo però il focus sull’iconica Coca Cola.
Lasciando ai concorrenti come Pepsi l’onere di inseguire di giustificare ai consumatori la vendita di una bevanda ormai riconosciuta come insalubre ed eccessivamente calorica, avrebbero potuto dominare con una versione unica senza calorie del loro prodotto più famoso. Ma anche qui, sarebbe servito coraggio. Cosa che spesso i manager circondati dagli stakeholder coi fucili puntati, non possono permettersi di avere.
Frank: Torniamo quindi ora a Ferrero e Nutella Plant Based. Vedo delle similitudini, quali suggerimenti daresti a Ferrero in base a quello che hai visto con Coca Cola?
Al Ries: La situazione di Ferrero con Nutella Plant Based ha delle analogie, sicuramente. Se Ferrero crede davvero che il mercato plant-based abbia un futuro, la mia proposta a breve termine sarebbe questa: smettere di legare la Nutella al plant-based e creare un nuovo marchio, nativo e dedicato esclusivamente al mondo vegan.
Un brand completamente separato da Nutella, che abbia un’identità forte e chiara in quel mercato. Con un nuovo brand, non rischierebbero di confondere i consumatori affezionati a Nutella, e allo stesso tempo potrebbero posizionarsi come innovatori nel mondo plant-based, evitando la trappola del "me too".
Frank: Quindi, in sostanza, la tua prima proposta è che Nutella Plant Based venga sostituita da un nuovo brand. Ma per il lungo termine, cosa consigli?
Al Ries: Guardando al lungo termine, come abbiamo detto prima Ferrero deve affrontare un altro problema in crescita: l’intolleranza al lattosio. Reale o percepita che sia. Questo è un fenomeno globale che tocca molte più persone rispetto al mercato vegano. Quindi, la mia proposta per Ferrero sarebbe questa: senza cambiare il gusto o la formula della Nutella, passare a una unica versione: "originale senza lattosio".
In altre parole, mantenere la Nutella che tutti amano, ma renderla accessibile anche a chi soffre di intolleranza al lattosio, un problema che sta aumentando in tutto il mondo. Questo approccio unificato permetterebbe a Ferrero di continuare a dominare il mercato delle creme spalmabili, senza dover frammentare il brand con ulteriori varianti. Sarebbe un’evoluzione del prodotto che rispetta la sua storia e al contempo si adatta ai bisogni dei consumatori moderni.
Frank: Quindi, una Nutella unica per tutti guardando al futuro, anche per gli intolleranti al lattosio e un brand nuovo per il mercato plant-based?
Al Ries: Esatto, Frank. Consiglio in sintesi due mosse strategiche: Se vogliono continuare a esplorare il mercato plant-based serve un brand nativo e originale. Mentre per Nutella bisogna guardare avanti progettando una “Nutella formula originale senza lattosio". Un unico prodotto che rispetta il gusto e l'identità del brand, ma che si adatta al futuro.
In questo modo, Ferrero potrebbe continuare a dominare con Nutella, senza disperdere energie e risorse in estensioni di linea che rischiano di confondere o indebolire il marchio. E inoltre avrebbe un nuovo brand da capitalizzare per dominare e allargare la categoria delle spalmabili alla nocciola plant-based.
È un passo strategico, lungimirante, e soprattutto in linea con l’evoluzione delle esigenze del mercato. È una scelta coraggiosa ma sono certo che dei visionari come Pietro, Giovanni e Michele Ferrero l’avrebbero abbracciata se fossero vivi oggi. Anzi, ora che mi ci fai pensare, dopo gli vado a chiedere cosa ne pensano…
Frank: Al, non so come ringraziarti per questa intervista e per questa tua lezione. Sei sempre illuminante. Non so cosa farei oggi senza i tuoi insegnamenti.
Al Ries: Grazie a te, e passa a trovarmi più spesso. Sto lavorando su alcune novità delle quali voglio parlarti appena ce ne sarà occasione.
Frank: Non vedo l’ora. Arrivederci Maestro. Grazie di tutto.
PS: Se hai bisogno di una mano con il marketing dei tuoi prodotti o servizi fammelo sapere QUI.
Masterpiece!
Che dire, semplicemente stupenda ❤️ grazie Frank per questa "intervista "
Sempre più fiero di far parte del mondo Metodo Merenda