Marketing Organico e Posizionamento di Marca in Italia
Come applicare queste cose alla realtà italiana
Moreno: Buongiorno a tutti i lettori. Oggi abbiamo il piacere di parlare nuovamente con Frank Merenda, imprenditore ed esperto di marketing. Frank è noto per il suo approccio schietto e diretto, ed è allievo diretto di leggende del marketing come Al Ries, Dan Kennedy e Jay Abraham.
Ciao Frank, benvenuto! Iniziamo subito: in Italia le piccole e medie imprese (PMI) sono il 99,9% delle aziende attive, parliamo di circa 4,4 milioni di imprese che impiegano quasi il 78% dei lavoratori del settore privato.
Eppure, molte di queste faticano a fare marketing in modo efficace. Secondo te qual è la sfida principale per il marketing delle nostre PMI oggi?
Frank: Buongiorno Moreno, buongiorno a tutti. Hai centrato il punto: l'Italia è un paese di piccole imprese, spesso a conduzione familiare, e la sfida principale è proprio far capire a questi imprenditori l'importanza di un marketing strategico.
In particolare, due concetti chiave che spesso mancano sono la focalizzazione e il posizionamento di marca. Troppe PMI pensano ancora che il marketing sia un lusso per le grandi aziende o qualcosa di "fuffa" accademica. Risultato? Si lanciano sul mercato sperando che la qualità del loro prodotto, da sola, basti a ricordare ai clienti la loro esistenza.
Peccato che nel mondo di oggi questo approccio non funzioni quasi mai.
Moreno: A proposito di mondo di oggi, entriamo nel tema del marketing organico nell'era digitale. Con "marketing organico" intendiamo tutte quelle attività di marketing non a pagamento (o comunque non pubblicitarie dirette) come la presenza sui social media, il content marketing, la SEO, il passaparola online, ecc.
Dal tuo punto di vista, quanto è importante il marketing organico per un'azienda moderna e come si collocano le PMI italiane su questo fronte digitale?
Frank: Il marketing organico oggi è fondamentale. Significa costruire una presenza online autentica e farsi trovare dai clienti in modo naturale, senza dover sempre pagare pubblicità. Come noi stiamo facendo in questo esatto momento per esempio, diciamolo chiaro ai nostri amici lettori.
Pensa ai contenuti sui social, agli articoli di blog, ai video informativi, alle recensioni dei clienti: è tutto marketing organico. Aziende come la nostra, di servizi complessi o beni che richiedono tempo per essere compresi, beneficiano magari di contenuti più lunghi e strutturati come articoli, newsletter e video “lunghi.”
Attività che sono più immediate come il food o la moda e in generale tutto ciò che è “spettacolarizzabile” e visibile funzionano benissimo con video brevi e foto su social come Instagram o Tik Tok ecc… (pensa all’Antico Vinaio o Donato di Con Mollica o Senza, giusto per citarne due facili…).
Ma ogni attività con un minimo di studio può trovare la sua formula organica più adeguata per crescere. Non è "gratuito" in termini di impegno (richiede tempo, competenze e costanza), ma ti permette di attirare clienti in modo sostenibile nel lungo periodo.
Il problema è che molte PMI italiane stanno ancora indietro su questo fronte. Ci sono dati abbastanza eloquenti: solo il 26% delle PMI italiane è attivo con pubblicità online e appena il 54% utilizza i social media in modo attivo per il business.
Siamo sotto la media europea su entrambe le voci. Questo significa che quasi la metà delle nostre piccole aziende non sfrutta i social media e oltre tre quarti non fa alcuna pubblicità online! In un mondo in cui i clienti vivono su Internet, è un'enorme opportunità sprecata.
Ti faccio un esempio pratico: pensa a un ristorante o a un negozio locale. Oggi il 93% degli italiani considera fondamentali le recensioni online per decidere dove andare a mangiare.
E parliamo di dati di alcuni anni fa; con la pandemia e la digitalizzazione forzata, la percentuale è rimasta altissima. Allo stesso modo, circa 90% dei pazienti usa Internet per scegliere un nuovo medico specialista, e 71% di loro legge le recensioni online come primo passo per decidere a chi rivolgersi (vale per dentisti, medici estetici, eccetera).
Capisci cosa vuol dire questo? Vuol dire che se non sei presente online in modo convincente, semplicemente per una fetta enorme di pubblico non esisti.
Moreno: È vero, ormai prima di scegliere un ristorante o un dentista tutti facciamo una ricerca su Google o guardiamo Facebook e Instagram. Eppure molti piccoli imprenditori italiani ancora non investono abbastanza in presenza digitale. Come mai secondo te c'è questa resistenza? È solo una questione generazionale o c'è dell'altro?
Frank: Un po' è generazionale, certo: l'oste o l'artigiano di 60 anni magari non è nato con lo smartphone in mano. Ma la questione è anche culturale. Spesso l'imprenditore italiano medio pensa: "Ho sempre lavorato col passaparola, i clienti li porto a casa con la qualità e la cortesia, non con Facebook".
Oppure c'è chi riduce il marketing a farsi il sito fatto dal cuggino (passami il termine ironico che usiamo nel settore per indicare l'improvvisato di famiglia) e aprire una pagina social che poi resta ferma lì. Il risultato è una presenza online fatta male o inconsistente.
In più, c'è la paura di spendere: molti pensano che servano milioni di euro per fare marketing efficace, quando invece basterebbe focalizzarsi su pochi canali organici ma giusti e usarli bene.
Mi viene da essere un po' sarcastico: è come se dicessero "Non farò mai pubblicità in TV perché costa troppo", mentre ignorano che aprire gratis una pagina Instagram e postarci regolarmente può portare clienti a costo quasi zero (se non il tuo tempo).
È un controsenso. Però è anche vero che fare marketing organico bene richiede strategia: non basta esserci, bisogna comunicare il messaggio giusto. E qui torniamo a focalizzazione e posizionamento, perché senza di quelli anche i social non servono a nulla.
Moreno: Esatto, entriamo nel vivo. Hai menzionato focalizzazione. Ci spieghi meglio questo concetto? Cosa intendi per focalizzarsi e perché è così cruciale per il successo di un'azienda?
Frank: Con piacere. Focalizzazione vuol dire specializzazione, concentrare gli sforzi su ciò che sai fare meglio e differenziarti. Significa rinunciare a voler essere "tutto per tutti" e scegliere una direzione precisa: un mercato target specifico, un prodotto o servizio chiave, un'area di competenza nella quale vuoi essere il numero uno.
Permettimi di citare il mio mentore Al Ries, padre del posizionamento: “Un Brand diventa più forte quando restringi il focus. Un’attività di branding potente inizia sempre contraendo la categoria, non ampliandola”.
Cosa significa in pratica? Che più stringi il campo, più la tua marca (il tuo brand) diventa forte nella mente delle persone. Se domani apri un ristorante e fai cucina cinese, pizza napoletana, sushi, hamburger e gelati artigianali tutto insieme, quanta credibilità pensi di avere? Sembri un circo, non un ristorante specializzato.
Al contrario, se tu apri una pizzeria napoletana verace (pensa alla catena Pizzium) e fai solo quella, avrai magari meno piatti nel menu, ma chi cerca quella specialità penserà subito a te. Sarai "quello specializzato in X". E magari potrai anche caricare un euro in più la Margherita perché offri l'autentica esperienza napoletana.
Cito Pizzium perché è un brand nato solo dalla focalizzazione, senza nemmeno il “Pizzaiolo-star” come la catena di Gino Sorbillo o un nome altisonante e antico come Antica Pizzeria Da Michele.
Nulla a togliere alla bellezza delle ultime due realtà imprenditoriali che adoro ma solo per prevenire eventuali obiezioni tipo: “Eh ma io mica sono famoso come Gino Sorbillo” o “Eh ma Michele esiste da 100 anni!” e scemenze simili.
Moreno: Quindi paradossalmente, meno offri e più diventi forte su ciò che offri. Però molti imprenditori hanno paura a restringere l'offerta: temono di perdere clienti potenziali. Come si supera questa paura?
Frank: È una paura comprensibile, ma è infondatissima nei fatti. È un po' l'illusione del "se offro più cose, ho più mercato". In realtà è il contrario: se provi a piacere a tutti, non piaci veramente a nessuno.
Come dice un altro motto di Al Ries, "quando cerchi di essere tutto, finisci per non essere nulla". So che psicologicamente fa strano dire "rinuncio a servire alcune categorie di clienti", ma devi pensare che così facendo dominerai la tua nicchia. Meglio essere re in un piccolo regno che mendicante in un impero altrui, no?
Moreno: Frank appunto su questo argomento, parlando di ristorazione, da cosa dipende il successo delle catene iperfocalizzate, tipo La Piadineria, Capatoast, Spontini, e perché sembrano “distruggere” il vecchio modello di bar o ristorante che fa un po’ di tutto?
Frank: Guarda, è un esempio perfetto di come la focalizzazione stia rivoluzionando il food in Italia. Anni fa i bar si presentavano con panini, tramezzini e piadine fatti la mattina e lasciati lì incellofanati per ore, sperando che qualcuno li prendesse a pranzo.
Ora, invece, vediamo format ultra-specializzati che ruotano attorno a un solo prodotto, sempre preparato sul momento: toast gourmet, piadine farcite, pizza al trancio, panini toscani… Così facendo, garantiscono costanza e freschezza: il cliente sa esattamente cosa troverà e in che qualità.
Facci caso: Capatoast sforna toast espressi, caldi, con decine di combinazioni, e in molti punti vendita prepara addirittura il pane in modo personalizzato.
La Piadineria punta tutto sulle piadine, offrendo tre o quattro tipologie di impasto diverse ma ricette standard, così da ridurre sprechi e garantire un gusto uniforme.
Spontini ha fatto della pizza milanese al trancio uno stile, veloce e riconoscibile.
Dispensa Emilia si è specializzata nelle tigelle e ha introdotto un modello di servizio rapido, da fast casual, mantenendo la qualità dell’impasto artigianale.
Poke House propone soltanto bowl poke, eppure è arrivata a centinaia di locali nel mondo. Tutte hanno un menù limitato, ingredienti selezionati, processi efficienti e un’identità chiara che si replicano in decine di punti vendita.
Moreno: Quindi chi va in questi posti sa cosa compra, ma come spiegare la loro redditività superiore?
Frank: È tutta questione di numeri e coerenza. Avere un menù ristretto e ripetitivo permette di acquistare grandi volumi di poche materie prime, di standardizzare ricette e procedure, e di formare velocemente il personale. Risultato: costi ottimizzati e margini operativi altissimi. In più, questi format girano scontrini continui da mattina a sera, senza troppe pause.
Pensa a un bar classico: incassa qualcosina a colazione, poi magari a pranzo fa pochi coperti. Al contrario, se specializzi tutto sul toast o sulla piadina, puoi vendere a ogni ora, e la clientela sa che troverà un prodotto fresco, fatto al momento. Il flusso è costante, il locale gira, il fatturato vola.
Non solo: queste catene lavorano alla luce del sole, con sistemi cassa digitali, niente “nero”, e assumono in modo regolare.
Eppure, guadagnano molto di più di tante piccole trattorie che provano a evadere qualcosa per restare a galla. C’è proprio una superiorità strutturale: sono più rapide, fanno più scontrini, ottengono un costo materie prime vantaggioso.
E così costruiscono brand forti che richiamano clienti: non vai più “al bar qualunque”, vai “da Capatoast”, “da Spontini” o “da Poke House”, e questo aumenta fedeltà e volumi.
Moreno: Insomma, sembra una valanga inarrestabile. Che impatto sta avendo sui ristoratori tradizionali?
Frank: Tanti locali che vivono di menù enciclopedici — un po’ di questo, un po’ di quello — stanno soccombendo. I clienti, soprattutto i giovani, preferiscono qualcosa di veloce, gustoso e specializzato, magari a un buon prezzo.
Oltretutto, la qualità percepita è più alta: se cerchi un toast fatto bene, vai da chi fa solo toast tutto il giorno, e non dal bar dove trovi un tramezzino abbandonato. Questo sta mettendo sotto pressione i ristoratori vecchio stile: se non cambiano, restano con pochi clienti e con margini bassi.
Il mercato del fuori casa in Italia, a dirla tutta, si sta dividendo tra questi format iperfocalizzati e le realtà di fascia alta che puntano sull’esperienza gourmet. Nel mezzo, chi resta generico annaspa.
Moreno: È un grande cambiamento culturale, ma pure economico, giusto?
Frank: Esatto. Le catene iperfocalizzate non sono nate per caso: rispondono alla domanda di un pubblico che vuole specializzazione, tempi rapidi, prezzi onesti e un’identità netta. È la focalizzazione e la nascita dei brand per gemmazione da una macro-categoria di cui io parlavo già 15 anni fa e la gente mi prendeva per pazzo.
Ma ho avuto ragione io. Anzi, ha avuto ragione - come sempre - Al Ries.
E non pensare siano fenomeni da pochi locali: prendiamo La Piadineria, con centinaia di punti vendita e ricavi in centinaia di milioni di euro, o Pizzium, che ha decine di pizzerie e margini nettamente sopra la media. Sono aziende che lavorano in modo trasparente, investono nel marketing e nell’espansione, e creano posti di lavoro regolari.
È un modello che funziona e che “educa” anche il cliente italiano a non aspettarsi più piatti dozzinali in un bar deserto, bensì un pasto sfizioso e specialistico in un ambiente curato.
Moreno: Quindi possiamo dire che stanno “distruggendo” i vecchi bar o ristoranti generalisti?
Frank: Sì, ma non in senso negativo: li stanno semplicemente superando. Se qualcuno preferisce ancora la trattoria di quartiere che fa tutto, non è detto che debba scomparire; ma deve trovare un valore aggiunto unico, una sua identità, se no viene schiacciato. Chi rimane aggrappato all’idea di “offrire tanto per accontentare tutti” è destinato a perdere contro chi offre “una sola cosa fatta in modo eccellente”.
E, ripeto, con zero trucchi fiscali: i conti tornano lo stesso, anzi tornano meglio. C’è una forte lezione di business qui: la focalizzazione paga, il nero è segno di debolezza, per le banche e per gli investitori e i clienti vogliono chiarezza e qualità. Se sei specializzato, generi un marchio forte e fatturi in modo pulito e abbondante.
Mettiamola così: è ormai evidente anche al più retrogrado italiano di provincia che focalizzarsi non significa avere meno clienti, significa avere clienti molto più fedeli e profittevoli, perché vengono da te per quello che sai fare meglio.
Puoi avere un'osteria che fa solo risotti e attirare gente da tutta la provincia perché sei "il re del risotto". Oppure puoi essere un dentista che si specializza in implantologia avanzata: forse perdi chi cerca la pulizia dei denti a basso costo, ma guadagni tutti quelli che vogliono il migliore negli impianti dentali, disposti anche a pagare di più pur di essere nelle mani dell'esperto. Insomma, meno concorrenza e clienti più convinti. È esattamente l'opposto di quello che si teme.
Tra l'altro, questa è una strategia perfetta per il marketing organico: se sei super-specializzato, il passaparola corre più veloce ("vai da quello, è il numero uno in X") e online l'algoritmo ti premia perché chi cerca quella specifica cosa trova te.
È più facile posizionarsi sui motori di ricerca o farsi notare sui social se hai un tema chiaro e verticale, invece di parlar di tutto un po'. Google stesso tende a vedere di buon occhio un sito che parla approfonditamente di un argomento specifico, ad esempio. Quindi focalizzarsi aiuta anche l'SEO organico indirettamente, perché vieni percepito come autorità di nicchia.
Moreno: Chiarissimo. Adesso passiamo all'altro concetto chiave: posizionamento di marca. In cosa differisce dalla focalizzazione? Spiegaci cosa intendi per posizionamento e come si costruisce.
Frank: Focalizzazione e posizionamento sono strettamente legati. Possiamo dire che focalizzazione è ciò che tu scegli di fare (la tua strategia interna), mentre posizionamento è ciò che succede nella mente del cliente quando pensa al tuo brand.
Il posizionamento di marca è il posto occupi nella mente del tuo pubblico, con quale parola, concetto o caratteristica vieni identificato. È la famosa idea di "battaglia per la mente" introdotta da Al Ries e Jack Trout negli anni '70.
Se dico "Volvo", tu pensi subito a "sicurezza". Ecco, quella è una parola che occupano nella mente del cliente. Se dico "Ferrari", pensi "velocità/lusso". Se dico "Apple", magari pensi "design, innovazione". Ogni marca forte ha un concetto forte associato. Questo non avviene per caso, ma è frutto di scelte strategiche e di comunicazione coerente nel tempo.
Per una piccola impresa, il posizionamento funziona uguale: devi fare in modo che quando qualcuno pensa alla categoria di prodotto/servizio in cui operi, si ricordi di te come riferimento, o almeno di uno specifico attributo.
Facciamo esempi terra-terra con PMI: potresti essere "il panettiere con il pane ai cereali bio più buono del quartiere", oppure "l'elettrauto specializzato in auto d'epoca inglesi" o ancora "il medico estetico noto per i trattamenti laser indolori". Ognuno di questi è un posizionamento: occupi una nicchia nella mente del cliente per quella cosa lì.
Come si costruisce? Prima di tutto, tornando alla focalizzazione: devi scegliere in cosa vuoi essere il migliore o diverso. Poi devi comunicarlo in ogni occasione, in ogni messaggio, in ogni canale.
Dalla grafica del tuo logo, al modo in cui rispondi al telefono, tutto dovrebbe rinforzare quell'idea. Se sei "il re del risotto" torniamo all'esempio, nel tuo locale il risotto sarà protagonista ovunque, nel menù, nelle foto su Instagram con i chicchi di riso, nelle storie dove mostri come scegli il riso migliore in cascina. È coerenza.
Ti cito un'altra frase famosa di marketing, stavolta di Seth Godin, che calza a pennello: “In un mercato affollato, confondersi con la massa è un fallimento. In un mercato pieno di attività, non distinguersi equivale a essere invisibili”.
Ecco, il posizionamento serve proprio a non essere invisibili, a distinguerti dal rumore di fondo dei concorrenti. Un posizionamento azzeccato, invece, ti rende interessante: "Ah sì, quel negozio è quello specializzato in X, ne parlano tutti bene!". Questo vogliamo.
Moreno: Mi pare di capire che focalizzazione e posizionamento siano due facce della stessa medaglia: all'interno scegli di specializzarti, all'esterno comunichi quel focus come tuo tratto distintivo, giusto?
Frank: Esattamente. Se vuoi, la focalizzazione è il mezzo e il posizionamento è il fine. Senza focalizzazione non hai nulla di speciale da posizionare nella mente della gente; senza posizionamento rischi comunque di non raccogliere i frutti della tua focalizzazione perché non lo comunichi bene.
Vorrei aggiungere che posizionarsi non significa necessariamente essere unici assoluti al mondo (non sempre puoi inventare qualcosa di mai visto), ma magari essere il primo nella tua area o nella tua categoria a occupare quel concetto.
Al Ries insegna: "It’s better to be first in the mind than to be better" – meglio essere i primi nella mente che essere i migliori sul mercato.
Questo per dire che se sei il primo ristorante vegan nel tuo paese, hai automaticamente un posizionamento forte, anche se magari non cucini meglio di altri.
Sei il primo e verrai ricordato per quello. Chi viene dopo dovrà differenziarsi ulteriormente (es: il ristorante vegan-gluten free, ecc.).
Moreno: Hai qualche ulteriore esempio concreto o caso di studio che puoi condividere, magari di un'azienda italiana (anche piccola) che grazie a focalizzazione e posizionamento ha ottenuto successo? A parte le catene di cui abbiamo già discusso che sono già esempi eccezionali ed evidenti.
Frank: Certo, ti faccio un paio di esempi che conosco bene perché sono miei studenti.
Il primo è una dentista di provincia, uno studio dentistico a gestione familiare. Loro facevano un po' di tutto (come tutti i dentisti generici) e faticavano ad attrarre nuovi pazienti, finivano per competere sul prezzo con i concorrenti vicini.
Dopo aver lavorato sul concetto di focalizzazione, hanno deciso di specializzarsi in odontoiatria pediatrica e presentarsi come "Lo studio dentistico dei bambini" nella loro città.
Hanno riorganizzato l'ambiente a misura di bimbo, creato un sito con articoli utili per i genitori (marketing organico educativo), e tutta la comunicazione era incentrata su bambini senza paura del dentista. Risultato?
In meno di un anno sono diventati il punto di riferimento per quel servizio: mamme da quartieri vicini (se non città vicine) portavano i figli da loro perché "loro sì che sanno trattare coi bimbi". Il fatturato dello studio è cresciuto del 40% in due anni, e parliamo di un business locale piccolo, non di una multinazionale.
Però hanno catturato una posizione: nella mente della gente sono "quelli bravi coi bambini". Un altro esempio, nel settore ristorazione: un piccolo ristorante in una zona turistica qui in Italia. In un mare di trattorie tutte simili, questo ristorantino ha deciso di eliminare il 90% del menu e fare solo piatti a base di tartufo locale.
Una scelta radicale e focalizzata: tartufo dall'antipasto al secondo (anche il dolce aromatizzato!). Sembrava un azzardo, ma in realtà ha funzionato alla grande come posizionamento. I turisti (e anche i locali curiosi) ne parlavano: "Hai sentito di quel posto dove è tutto al tartufo? Dobbiamo provarlo".
Risultato: pienone quasi tutte le sere in alta stagione, recensioni online schizzate verso il massimo (perché l'esperienza era particolare, non la solita cena). E anche durante i periodi più calmi, hanno creato un fan base di amanti del tartufo che tornano regolarmente.
Hanno perfino iniziato a vendere qualche prodotto al tartufo confezionato, creando un piccolo e-commerce in cui sono autorevoli perché, beh, sono i signori del tartufo!
E pensare che all'inizio il titolare aveva paura di perdere i clienti che "volevano la pasta al pomodoro". Invece ora, se uno in quel paese vuole una pasta al pomodoro va altrove, ma chi vuole una cosa speciale va da loro senza nemmeno pensare alla concorrenza.
Questi esempi mostrano che anche in Italia, anche nel piccolo, funziona applicare focalizzazione e posizionamento. Non è teoria astratta: sono strategie pratiche che portano benefici misurabili.
Moreno: Molto interessante. Dunque i benefici concreti che hai osservato sono aumento di fatturato, clientela più fidelizzata, meno guerra dei prezzi...
Frank: Esatto. Aggiungo altri benefici che forse non sono immediatamente visibili ma sono cruciali:
Marketing più efficace e con meno sprechi: se sai esattamente qual è il tuo focus, eviti di buttare soldi in pubblicità o iniziative generiche.
Ogni contenuto che crei, ogni post sui social, ogni volantino (se fai volantinaggio) ha un messaggio chiaro e mirato. Il risultato è che il tuo ROI (ritorno sull'investimento) di marketing migliora.
Ho visto aziende focalizzate ottenere il doppio dei contatti con la metà del budget, perché parlavano davvero alle esigenze di quel pubblico, invece di sparare nel mucchio.Maggiore passaparola e PR: quando sei riconoscibile per qualcosa di specifico, la gente ti ricorda e ti consiglia più facilmente. Sei quel ristorante, quel negozio, non uno dei tanti.
Persino i media locali magari ti trovano interessante: se apri "il primo negozio zero-waste della città". È marketing organico anche questo, no? Generi buzz senza pagarlo.Cliente disposto a pagare di più: lo accennavo prima. Se sei visto come lo specialista o il leader in quel micro-settore, il cliente è meno sensibile al prezzo.
Torniamo al dentista: se io credo che tu sia il migliore per un certo tipo di impianto dentale, non vado a chiedere sconto, anzi magari pago volentieri il 10% in più perché mi fido di te.
In termini di margini, focalizzarsi spesso permette di alzare i prezzi medi o comunque di vendere prodotti/servizi a maggior valore aggiunto. Mentre chi è generico finisce per competere solo sul prezzo (perché su cos'altro ti batti se sembri uguale a tutti?).Semplificazione gestionale: questo è un aspetto di cui si parla meno, ma pensa internamente all'azienda. Se ti focalizzi, hai meno complessità da gestire: meno linee di prodotto, meno competenze diverse da padroneggiare.
Il che significa che puoi davvero puntare all'eccellenza in quel che fai e offrire qualità migliore. Inoltre, formare il personale è più facile (devono imparare bene una cosa, non 50).
Insomma, l'azienda snella e focalizzata è anche più agile e resiliente, pronta a innovare in quella direzione. Se invece fai mille cose, sei un po' scoordinato, fatichi a star dietro a tutto.
Hai bisogno di aiuto per definire il posizionamento del tuo brand?
Moreno: Chiaro. Veniamo ora a un aspetto forse più delicato: la mentalità imprenditoriale italiana. Da un lato, l'imprenditore italiano è creativo, si adatta, ha passione (spesso l'azienda è nata dalla sua abilità tecnica o artigianale).
Dall'altro lato però, sembra che certe dinamiche culturali frenino l'adozione di strategie di marketing moderne. Penso, ad esempio, alla gestione molto familiare, alla diffidenza verso i consigli esterni, alla tendenza a privilegiare sempre le soluzioni "in casa". Tu come la vedi?
Quali sono i pregi e difetti della nostra mentalità quando si tratta di far crescere un'azienda con focus e posizionamento?
Frank: Hai toccato un tema cruciale e – lasciami dire – anche un po' scomodo. Ma parliamone chiaramente. Io stesso sono un piccolo imprenditore e lavoro al 99% con piccoli imprenditori, quindi conosco bene i pregi e difetti di quella mentalità.
Partiamo dai pregi: l'imprenditore italiano ci mette il cuore. È flessibile, sa improvvisare soluzioni, spesso ha una competenza tecnica o artigianale enorme.
Teniamo moltissimo al rapporto umano col cliente, cosa che è un vantaggio perché creiamo relazioni, fiducia, e ci facciamo in quattro per soddisfare le persone. Tranne in Liguria, in Puglia e in Sardegna e in generale nelle località turistiche dove ci piace maltrattarle. (Scherzo oh…)
Questa passione e questo attaccamento quasi familiare all'azienda fanno sì che nelle difficoltà spesso le PMI italiane reggano, si sacrifica margine pur di andare avanti, si lavora ore extra, si coinvolgono parenti e amici per dare una mano... insomma, c'è resilienza e dedizione.
Questi sono punti di forza che non vanno persi: chi focalizza il business non deve perdere l'umanità o la flessibilità, deve solo incanalarle meglio.
Veniamo ai difetti o meglio, agli aspetti che ci frenano. Il primo l'hai citato: la gestione familiare chiusa. In tanti casi l'imprenditore si fida solo dei parenti stretti, delega ruoli chiave magari al fratello, al figlio, al cugino (anche quando non sono proprio qualificati) e non si fida di professionisti esterni o consulenti.
Questo porta un doppio problema: mancanza di competenze specifiche (perché il cugino farà anche il social media manager, ma magari non ne sa quanto un professionista) e mancanza di visione esterna.
Si rimane un po' nel proprio brodo, convinti che "abbiamo sempre fatto così, funziona così". Il risultato è che innovare diventa difficile, così come accettare consigli su focalizzazione e posizionamento – che spesso implicano un cambiamento nelle abitudini aziendali.
C'è poi una certa avversione al rischio e al cambiamento. Molti imprenditori italiani preferiscono fare piccoli passi che non stravolgono nulla, piuttosto che una scelta netta come quella di focalizzarsi su un unico segmento.
È comprensibile: se l'azienda di famiglia ha sempre venduto 10 tipi di prodotti, l'idea di tagliarne 7 per puntare su 3 può sembrare un sacrilegio. C'è l'emotività di mezzo ("quel prodotto l'aveva inventato papà, come faccio a eliminarlo dal catalogo?").
Ricordo benissimo la mia prima consulenza strategica alla DFM, azienda che poi con il lavoro di branding di Al Ries oggi è nota come SharkNet e sono in sintesi gli inventori grazie al capofamiglia Sergio della zanzariera plissettata.
La mia prima domanda fu “Quanto posso distruggere"?” e loro coraggiosamente mi dissero “Quanto vuoi”. Ne risultò che eliminammo gradualmente circa 500 prodotti a catalogo e focalizzammo tutta l’azienda solo sul loro cavallo di battaglia.
Il resto è storia.
Spesso però l’italiano medio non è intelligente come il genio Sergio o i suoi figli e il suo team dirigenziale. Si antepongono logiche affettive o di tradizione familiare alle logiche di mercato. Il lato emotivo può diventare un freno.
Sai quante volte sento frasi tipo: "Eh ma noi ci chiamiamo Fratelli Rossi dal 1950, non possiamo cambiare nome o logo, i clienti ci conoscono così"? Magari quei clienti sono rimasti in 5, però l'attaccamento alla storia impedisce di riposizionarsi per conquistarne 500 nuovi.
Un altro difetto è la diffidenza verso il marketing stesso. Storicamente in Italia c'è l'idea del "marketing all'americana" vista un po' come fumo negli occhi: o lo si associa solo alla pubblicità martellante, o addirittura a qualcosa di poco etico (tipo "americanate" per fregare il cliente, cosa che ovviamente è un pregiudizio).
Molti imprenditori nostrani hanno un orgoglio tecnico: pensano che il prodotto eccellente parli da sé. È vero che abbiamo prodotti eccellenti, ma purtroppo senza saperli raccontare e posizionare oggi rischiano di rimanere nel cassetto.
Autoironia alert: è un po' come quegli inventori geniali che però tengono l'invenzione in garage perché "tanto è la migliore, prima o poi il mondo la scoprirà". Ecco, no, non funziona così se nessuno ti sente. Bisogna saper uscire e dire al mondo "hei, guarda cosa so fare, e lo so fare meglio di chiunque altro!".
Infine, c'è quella che io chiamo la sindrome del tuttologo. L'imprenditore italiano spesso è partito da zero, si è fatto da sé, ed è abituato a indossare tanti cappelli: un po' tecnico, un po' commerciale, un po' contabile...
Questo va benissimo all'inizio, ma poi diventa un limite. Per implementare un vero posizionamento di marca servono magari competenze di branding, comunicazione, design grafico, copywriting strategico – cose che non puoi fare tutte da solo o con lo staff che fino a ieri montava valvole o impastava pane.
Bisogna aprire la mente e spesso aprire le porte a collaboratori o consulenti esterni che aiutino in queste aree. Però qui torna la diffidenza: "uh, il consulente marketing no, costa e poi chi lo conosce, meglio mio cugino". E siamo daccapo.
Hai bisogno di aiuto per definire il posizionamento del tuo brand?
Moreno: Quindi una sorta di "familismo" aziendale e un pizzico di orgoglio che rende difficile cambiare rotta, ho capito. Però mi sembra che pian piano le cose stiano cambiando, soprattutto con le nuove generazioni di imprenditori più digitali.
In ogni caso, per chi ci legge e magari si riconosce in alcuni di questi atteggiamenti ma vuole migliorare, passiamo a qualche consiglio pratico.
Immaginiamo una piccola impresa italiana – può essere un ristorante, un dentista, un negoziante o un medico estetico, come da esempi che abbiamo fatto – che finora non ha mai applicato davvero focalizzazione e posizionamento.
Da dove dovrebbe partire? Quali sono i primi passi concreti che suggerisci per "mettere a fuoco" il proprio business e posizionarlo al meglio?
Frank: Domanda ottima, perché in fondo vendere questi concetti significa dare alle persone qualcosa da fare subito, non solo teoria. Proverò a riassumere alcuni passi pratici in sequenza logica:
Analizza quello che fai e identifica il tuo punto di forza: Chiediti onestamente "In cosa eccelliamo davvero? Cosa sappiamo fare meglio della maggior parte dei concorrenti?". Può essere un prodotto specifico, un servizio, o anche un tratto del tuo servizio (es. grande rapidità, oppure un'esperienza cliente unica).
Se hai difficoltà, pensa a cos'è che fa tornare i tuoi clienti attuali, cosa apprezzano di più. Quello potrebbe essere il nucleo su cui focalizzarti.Studia il mercato e i concorrenti: Dai un'occhiata a cosa fanno gli altri nella tua zona o nel tuo settore. C'è una nicchia scoperta? C'è qualcosa che nessuno sta enfatizzando?
Magari tutti i ristoranti fanno un po' di tutto, nessuno ha osato fare solo cucina siciliana autentica nella tua città: potrebbe essere un'opportunità. Oppure tutti i dentisti comunicano "siamo bravi e convenienti", nessuno ha preso la posizione "specialista in Invisalign per teenager": valutane la fattibilità.
È il momento di capire dove potresti posizionarti in modo distinto. E come dice uno dei miei mentori, Dan Kennedy, "trova un mercato affamato e poi offri da mangiare" – insomma, cerca un bisogno specifico non soddisfatto a dovere.Decidi su cosa focalizzarti e cosa eliminare: Questo è il passo coraggioso. Scegli una o poche cose su cui vuoi costruire la tua reputazione. E significa anche accettare di mettere in secondo piano o tagliare altre offerte che ti distraggono.
Non dico di farlo tutto in un colpo secco se non te la senti, ma inizia a orientare l'azienda in quella direzione. Ad esempio, se sei un negozio di abbigliamento e decidi che vuoi focalizzarti sul segmento bambino, potresti ridurre gradualmente l'assortimento adulto e ampliare quello bimbi, ribrandizzare lo store come "kids fashion" ecc.
So che è difficile dire addio a certi prodotti, ma pensa che stai facendo spazio perché cresca quello che ti darà più soddisfazioni.Definisci il tuo posizionamento in una frase: Prova a condensare in una frase chiara e semplice la tua identità focalizzata. Tipo: "Siamo l'unico panificio di [città] specializzato in pane con lievito madre a lunga fermentazione" oppure "Studio dentistico Rossi, gli esperti dell'apparecchio invisibile".
Deve essere breve, chiaro, distinto. Questa frase (o concept) sarà la stella polare di tutto il marketing.
Se non riesci a riassumerti così, probabilmente non sei ancora focalizzato abbastanza o non hai le idee chiare tu per primo.Allinea la comunicazione e l'immagine: Ora che sai qual è la promessa/identità, controlla che ogni aspetto della tua comunicazione la rifletta.
Aggiorna il sito web: deve subito comunicare quel posizionamento nella home page, nei titoli, magari con foto coerenti. I profili social: rivedi le bio, le descrizioni, e inizia a pubblicare contenuti inerenti alla tua specializzazione (es: video di consigli, foto, testimonianze specifiche su quell'area).
Se necessario, rivedi anche logo, insegna, nome commerciale – non sempre serve cambiare nome, ma a volte sì se è troppo generico. Ad esempio, se il tuo ristorante si chiama "Da Mario" e decidi di focalizzarti sulla carne alla griglia, magari rinominarlo in "Da Mario Grill House" o aggiungere un payoff tipo "– Tempio della Fiorentina" aiuta.
Insomma, rendi visibile e chiaro il tuo focus. Ricorda: il posizionamento accade nella mente del cliente, quindi devi martellare quel concetto ogni volta che il cliente entra in contatto con te.Forma e coinvolgi il tuo team (famiglia inclusa): Questo è importante per chi ha azienda familiare.
Tutti i membri del team devono capire la nuova direzione. All'inizio potrebbe esserci resistenza ("perché stiamo tagliando questo? perché parliamo solo di quest'altro?"), ma spiegando i benefici e mostrando magari qualche dato (ad esempio, "guarda quante visualizzazioni in più ha avuto il nostro post sugli impianti rispetto a quello generico sui denti sani") pian piano anche i più scettici capiranno.
L'unione familiare qui può diventare un vantaggio se tutti abbracciano la visione: si rema nella stessa direzione con entusiasmo quasi tribale. Basta che non si remi contro perché "abbiamo sempre fatto così".Sfrutta i dati e aggiusta il tiro: Una volta messa in pratica la strategia focalizzata, monitora i risultati. Ad esempio, vedi se stai attirando più clienti del tuo nuovo target, chiedi feedback. I dati digitali aiutano: controlla le statistiche del sito (il traffico organico aumenta? Quali pagine sono più viste?), guarda le interazioni sui social (la nuova direzione genera più commenti, condivisioni?).
E ovviamente, guarda i numeri di vendita o richieste. Se qualcosa non va, potresti dover aggiustare leggermente il posizionamento o come lo comunichi. La focalizzazione è un percorso, non una cosa fissa immutabile: ricevi segnali dal mercato e affina.
L'importante però è non contraddire la strategia dopo troppo poco tempo solo per panico: coerenza e persistenza sono fondamentali. Come dice Al Ries, "un posizionamento di successo richiede coerenza nel tempo" – non puoi cambiare bandiera ogni mese.Comunica, comunica, comunica (in modo organico): Approfitta di tutti i canali organici possibili per far conoscere il tuo nuovo posizionamento. Pubblica contenuti utili legati alla tua specializzazione (esempio: il medico estetico potrebbe scrivere "guida completa ai laser per ringiovanimento: tutto quello che devi sapere", il ristoratore fa video di come si cerca il tartufo).
Diventa un piccolo esperto mediatico nel tuo campo: proponiti per parlare a eventi locali o webinar online sul tuo tema, collabora con altre realtà complementari (il panettiere bio magari fa una partnership con il negozio bio accanto per eventi comuni).
Tutto questo consolida la tua reputazione come quello bravo in X. E ricorda il consiglio di Jay Abraham: "Il marketing è educare il mercato sul fatto che la tua azienda può risolvere problemi, colmare lacune o raggiungere obiettivi come nessun altra".
Quindi nei tuoi contenuti educa i clienti, fai capire come risolvi il loro problema specifico meglio di chiunque altro.
So che sono tanti passi, ma in realtà sono abbastanza logici. E soprattutto, i risultati arrivano. Lo ripeto: oggi il mercato italiano, anche locale, è in trasformazione. Le nuove generazioni di clienti sono più infedeli alla tradizione e più propense a seguire chi offre valore reale e specializzato. Già ora, e ancor più nei prossimi anni, chi avrà saputo posizionarsi bene godrà di un vantaggio enorme.
Moreno: Ottimi consigli, davvero. In pratica: conosci te stesso (l'azienda), il mercato, scegli su cosa puntare, comunica quel qualcosa in modo martellante e coerente, e usa il marketing organico per far passare il messaggio senza dover spendere follie. Mi sembra una ricetta che ogni PMI potrebbe provare ad applicare.
Siamo quasi in chiusura. Vorrei chiederti un’ultima cosa: c’è chi dice "tutto bello in teoria, ma focalizzarsi è un lusso che non posso permettermi, devo fare cassa con tutto quello che posso". Cosa rispondi a questo scetticismo? In breve, perché vale davvero la pena di investire su focalizzazione e posizionamento?
Frank: Rispondo con un'altra domanda: puoi permetterti di non focalizzarti? 😀 Guarda, capisco la preoccupazione di dover far cassa, specie in periodi difficili. Ma è proprio quando le risorse sono poche che devi concentrarle, non disperderle.
Pensare "faccio un po' di tutto così ho più occasioni di guadagno" in realtà spesso vuol dire "faccio tante cose male e non guadagno da nessuna".
Quante aziende vediamo che arrancano vendendo di tutto, con margini striminziti, senza clienti fedeli... e magari bastava semplificare e puntare su un prodotto vincente per uscire dalla mischia.
Inoltre, focalizzazione e posizionamento non sono concetti di lusso, non richiedono budget enormi. Richiedono più che altro cervello e coraggio strategico. È molto più costoso continuare a mettere soldi in marketing inefficace perché non hai un messaggio chiaro, credimi.
C'è un motivo se dico che queste sono le "chiavi del successo" per le aziende: perché ho visto trasformazioni quasi miracolose applicandole. Non sto vendendo fumo: ti vendo l'idea che tu possa diventare leader nel tuo piccolo mercato.
E quando sei leader, la cassa la fai eccome, altroché.
In definitiva, vale la pena perché:
Ti fa uscire dalla guerra dei prezzi e dalle lotte estenuanti coi concorrenti.
Ti fa emergere in un mercato dove altrimenti saresti invisibile.
Ti porta clienti migliori, più facili da soddisfare e più profittevoli.
Ti permette di ottimizzare ogni euro speso in marketing e ogni minuto speso a comunicare.
Dà una direzione a tutta l'azienda, motivando anche il team a perseguire un obiettivo chiaro invece di navigare a vista.
Siamo in un'epoca in cui, grazie al digitale, anche la più piccola impresa di provincia può ritagliarsi un pubblico fedele magari in tutta Italia (pensa all'e-commerce: oggi solo il 18% delle PMI italiane vende online, ma quelle che lo fanno bene spesso vendono fuori dalla loro regione se non all'estero). Ci sono 8 italiani su 10 che comprano online ogni mese, ci sono milioni di persone sui social ogni giorno: il terreno di gioco è enorme, ma proprio per questo devi avere una identità forte per conquistare il tuo posto. Non puoi più permetterti di essere "uno dei tanti".
Quindi, invertendo la frase fatta: focalizzarsi e posizionarsi non è un rischio, è la tua assicurazione sul futuro. È rischioso restare generici, quello sì. Io dico sempre: provate. Iniziate in piccolo, focalizzatevi su una campagna, su un prodotto di punta, e vedete i risultati.
Vi accorgerete che non tornerete più indietro, perché assaporare cosa vuol dire che i clienti vi cercano perché siete voi e non perché fate sconti, è impagabile. Vi farà venire voglia di focalizzarvi ancora di più.
Moreno: Perfetto, direi che hai trasmesso il messaggio in modo convincente! Grazie mille Frank per questa chiacchierata ricchissima di spunti. Ricapitolando: il successo di un'azienda, piccola o grande, passa per la capacità di focalizzarsi su ciò che sa fare meglio e di posizionarsi nella mente dei clienti come la scelta preferita in quella nicchia.
Senza queste chiavi, si rischia di rimanere anonimi e arrancare; con queste chiavi, anche le PMI possono crescere e prosperare, sfruttando al meglio anche gli strumenti di marketing organico.
Frank: Grazie a te, Moreno. È stato un piacere poter "vendere" queste idee ai nostri lettori – idee in cui credo fermamente. Spero davvero che gli imprenditori che ci leggono inizino a vedere la focalizzazione e il posizionamento non come teorie da guru, ma come strumenti pratici per migliorare il loro business.
Come dico spesso con un pizzico di ironia: meno marketing da libro dei sogni, più marketing da battaglia quotidiana. E focalizzazione e posizionamento sono armi formidabili nella battaglia imprenditoriale di ogni giorno. In bocca al lupo a tutti!
Moreno: Crepi il lupo! E grazie ancora a Frank Merenda per la sua disponibilità e per aver condiviso con noi la sua esperienza. Sono sicuro che molti lettori faranno tesoro di questi consigli. Alla prossima intervista. Se vuoi rendere il tuo marketing più efficace, inizia col posizionamento. Solo così potrai comunicare in modo chiaro il valore del tuo brand e attirare i clienti giusti.
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