La Lezione di Sanremo per Imprenditori (anche se non lo segui in televisione)
Ignorala a tuo rischio è pericolo.
L’Italia dello spettacolo esagerato: dagli stadi ai palchi, il fenomeno del “Super” evento
Negli Stati Uniti il Super Bowl è l’emblema della spettacolarizzazione: una partita di football che diventa show totale, tra esibizioni musicali faraoniche e spot pubblicitari milionari. E in Italia? Anche noi, a modo nostro, stiamo trasformando i grandi appuntamenti culturali, sportivi, commerciali e mediatici in eventi kolossal degni di un “Super Bowl” all’italiana.
Dal Festival di Sanremo alle finali di calcio, dal Black Friday ai concerti da record, la parola d’ordine sembra essere esagerare – in audience, in effetti speciali, in coinvolgimento del pubblico e in ritorni economici.
Vediamo come l’esagerazione e l’ingigantimento caratterizzano sempre più i nostri eventi nazionali, tra cifre da capogiro, curiosità sorprendenti e strategie di marketing aggressive.
Festival di Sanremo: la kermesse canora in versione kolossal
Chi mi conosce sa che non seguo il Festival direttamente e non per fare lo snob ma perché i miei gusti musicali non contemplano la canzonetta all’italiana. Ho pur sempre fatto un evento davanti a più di 5000 persone allo Stadium di Rimini con Bruce Dickinson degli Iron Maiden, mi perdonerete se non sono proprio fan di Achille Lauro o Fedez (scherzo!).
Però da “esperto di marketing” non posso ignorarlo nei suoi dati, nel suo fenomeno di costume e in ciò che rappresenta in ambito marketing.
Da semplice concorso di canzoni negli anni ‘50, il Festival di Sanremo è oggi un mastodontico fenomeno mediatico, paragonabile per impatto nazionale a un Super Bowl statunitense.
Per una settimana all’anno l’Italia si ferma davanti alla TV: nel 2023 la serata finale è stata vista in media da oltre 12 milioni di spettatori con il 66% di share – il risultato più alto dai tempi d’oro degli anni ‘90.
E l’edizione 2025 ha polverizzato ogni primato: ben 13,4 milioni di telespettatori sintonizzati per la finale, pari a un incredibile 73,1% di share, praticamente tre italiani su quattro collegati su Rai1.
Numeri da capogiro, accompagnati da un fragoroso successo commerciale: gli investitori fanno a gara per un passaggio pubblicitario durante Sanremo, tanto che la Rai ha raccolto quest’anno 65,2 milioni di euro in pubblicità, con un aumento dell’8,5% rispetto al già ricco 2024.
Non a caso uno spot di 60 secondi nella fascia più ambita (la telepromozione delle 23:30) costa oltre un milione di euro – cifre impensabili per qualsiasi altro programma TV italiano, che ricordano da vicino i famigerati spot del Super Bowl.
La spettacolarizzazione di Sanremo passa anche per un’enfasi crescente su scenografie, ospiti e contenuti extra-musicali. Ogni sera è un susseguirsi di effetti speciali, super ospiti internazionali e momenti virali pensati per far parlare di sé.
Emblematica la strategia di marketing e comunicazione adottata nelle ultime edizioni: il Festival vive ben oltre il palco dell’Ariston, invadendo piazze fisiche e virtuali. Nel 2025 Rai Pubblicità ha promosso un “Festival nel Festival” in città, con sponsor e partner che hanno animato Sanremo con eventi collaterali, installazioni e concerti gratuiti, alimentando l’hype generale.
Sul fronte social, il fenomeno Fantasanremo – un gioco online dove milioni di utenti creano squadre di cantanti in gara per guadagnare punti in base a ciò che accade sul palco – ha portato il coinvolgimento del pubblico a nuovi livelli. Basti pensare che nel 2022 furono create poco più di 500 mila squadre, mentre nel 2023 si è arrivati a oltre 4,2 milioni di squadre registrate, con punte di interazioni social mai viste.
Questa trovata, nata come gioco tra amici, è diventata un formidabile strumento di engagement virale: persino i conduttori e artisti fanno volutamente gesti e scherzi per “far punti” e compiacere il gioco, in un cortocircuito meta-televisivo che fa impennare le discussioni online.
Il risultato di questa evoluzione? Sanremo non è più solo un festival musicale, ma un rito collettivo iper-mediatizzato. Le testate ne parlano per mesi, gli sponsor pianificano campagne ad hoc, sui social ogni esibizione genera meme e tendenze. L’Italia intera discute di look, ospitate e gossip festivalieri come se fossero gol in finale.
Il tutto produce un impatto economico notevole: oltre agli incassi pubblicitari record (più di 50 milioni di euro già nel 2023, rispetto ai 42 milioni dell’anno precedente), c’è l’indotto per la città di Sanremo, il turismo musicale e perfino la vendita dei biglietti per assistere dal vivo (andati a ruba, per un introito di circa 2 milioni di euro).
Esagerazione è la parola d’ordine: share alle stelle, cachet delle star in aumento, scenografie sempre più imponenti e un battage pubblicitario che trasforma un concorso di canzoni in un colossal crossmediale.
Calcio spettacolo: finali e derby che fermano il Paese
Se c’è qualcosa che unisce davvero gli italiani, quello è il calcio – e quando la posta in gioco è alta, l’evento sportivo si trasfigura in uno show totale, con dimensioni da record assoluto.
Le partite della Nazionale nelle grandi competizioni internazionali diventano eventi di popolo paragonabili, per intensità e partecipazione, a un Super Bowl. Emblematico il caso della finale degli Europei 2020 (giocata nel luglio 2021) tra Italia e Inghilterra: quella notte uno tsunami azzurro ha invaso televisioni e piazze. Su Rai1 la partita ha incollato allo schermo 18,17 milioni di spettatori (73,7% di share), a cui si aggiungono altri 2,43 milioni (9,9%) su Sky Sport.
Complessivamente, oltre 20,6 milioni di italiani hanno seguito la diretta – l’83,6% di share totale! Numeri folli, che fanno entrare quella finale sul podio dei programmi più visti di sempre in Italia. Anzi, una curiosità: nella classifica dei 50 programmi televisivi più visti di tutti i tempi nel nostro Paese, figurano esclusivamente eventi calcistici, di cui 47 partite giocate dagli Azzurri!
Insomma, quando c’è di mezzo la Nazionale in finale, l’Italia si ferma davvero: le strade deserte durante i rigori e poi, al triplice fischio, esplode la festa collettiva. Dopo la vittoria ai Mondiali 2006 si riversarono in strada centinaia di migliaia di tifosi in ogni città; solo al Circo Massimo di Roma a festeggiare c’erano circa 700.000 persone (le stime parlano addirittura di un milione) in un delirio tricolore senza precedenti.
Scene di giubilo, caroselli di auto clacsonanti, cori euforici fino a notte fonda – manifestazioni spontanee di gioia popolare che fanno sembrare piccolo qualsiasi raduno organizzato.
Ma non c’è bisogno di scomodare i trionfi epocali: anche a livello di club, derby e finali nazionali ormai travalicano lo sport, diventando fenomeni di costume e interessando platee globali. Si pensi al Derby della Madonnina (Milan-Inter), soprattutto quando vale un trofeo o una semifinale di Champions League come nel 2023: in quei casi la “febbre da derby” sale alle stelle.
Per la doppia sfida europea di Milano nella primavera 2023, San Siro è stato preso d’assalto da tifosi disposti a tutto pur di esserci, con un’attesa spasmodica per i biglietti. La domanda ha superato di gran lunga l’offerta, aprendo le porte al bagarinaggio con cifre esorbitanti: online i tagliandi da 100€ sono stati rivenduti a oltre 3.000 euro l’uno per un posto in tribuna d’onore, e non meno di 800€ persino per un seggiolino in terzo anello.
Un entusiasmo alle stelle, insomma, che ha trasformato una partita di calcio in un evento mondano imperdibile, con tanto di celebrità sugli spalti, copertura mediatica internazionale e tifoserie organizzate che sfoggiano coreografie spettacolari da lasciare a bocca aperta.
La televisione generalista italiana, fiutando l’evento, ha trasmesso in chiaro quelle gare ottenendo anch’essa ascolti monstre: quasi 7,5 milioni di spettatori (33% di share) per l’andata su TV8 e oltre 8,2 milioni (34,9%) per il ritorno su Canale 5, dominando la prima serata.
Oggi una finale di Coppa Italia o uno scontro Scudetto vengono anticipati e seguiti da ore di talk-show, speciali, interviste esclusive e contenuti social dedicati. Le società e gli sponsor cavalcano l’onda: campagne pubblicitarie che giocano sul dualismo sportivo (spot ironici tra brand “tifosi” di una o dell’altra squadra), promozioni speciali legate all’evento, maglie celebrative e merchandising in edizione limitata vanno esauriti in poche ore.
La spettacolarizzazione del calcio si vede anche dentro lo stadio: finali con fuochi d’artificio, coppe consegnate su palchi improvvisati in mezzo al campo, cantanti ingaggiati per intonare l’inno o intrattenere il pre-partita – elementi impensabili qualche decennio fa, ora diventati la norma.
Il calcio è sempre stato “il gioco più bello del mondo”, ma oggi in Italia è anche un grande show: ogni big match è costruito come un evento mediatico totale, dove il risultato sportivo conta quanto (e talvolta meno) dello share TV e del buzz generato sui social.
E proprio come il Super Bowl, anche le nostre partite di cartello attirano un pubblico che va oltre i tifosi abituali, coinvolgendo famiglie, bambini, nonni e spettatori occasionali affascinati dall’atmosfera di grande evento nazionale.
Black Friday all’italiana: lo shopping diventa un evento mediatico
Chi l’avrebbe mai detto che un termine importato dalla tradizione commerciale americana sarebbe entrato così prepotentemente nel vocabolario (e nelle agende) degli italiani? Eppure il Black Friday – la giornata di sconti folli nata negli USA il venerdì dopo il Giorno del Ringraziamento – è ormai diventato anche in Italia un rito collettivo del consumismo, orchestrato con astuzia di marketing e seguito con crescente partecipazione.
Negli ultimi anni, a fine novembre, assistiamo a scene che ricordano, in scala, quelle viste nei reportage dagli shopping mall americani: negozi presi d’assalto, code fuori dalle catene di elettronica all’alba, siti di e-commerce in tilt per il traffico, e una martellante campagna pubblicitaria che crea attesa quasi fosse la finale di un campionato.
Le statistiche recenti confermano che il fenomeno è esploso anche da noi: nel 2023 i consumatori italiani hanno speso circa 4 miliardi di euro in occasione del Black Friday, con un aumento stimato del 15% rispetto al 2022.
Ormai l’86% degli italiani si dichiara interessato a partecipare a questo evento di sconti, e quasi uno su due (44%) aveva già deciso in anticipo cosa acquistare, con una spesa media di circa 235 euro a persona.
Siamo di fronte a una vera e propria “festa dello shopping”: un giro d’affari che nel 2024 è previsto attorno ai 3,8-4 miliardi di euro, segno di quanto il Black Friday si sia radicato nelle abitudini dei consumatori italiani.
La caratteristica tipicamente americana dell’ingigantimento commerciale è stata pienamente adottata: non solo il Black Friday dura ormai ben più di 24 ore – tra pre-sconti iniziati già a metà novembre e code di offerte che si protraggono fino al Cyber Monday – ma viene comunicato e vissuto come un grande evento mediatico.
Le catene retail e le piattaforme online orchestrano campagne di comunicazione martellanti: cartelloni, spot TV, notifiche push, countdown sui social. Alcuni negozi organizzano aperture straordinarie notturne o “Black Friday in anticipo” dedicati ai clienti fidelizzati, generando quel senso di urgenza frenetica tipico della caccia all’affare.
I telegiornali ormai dedicano servizi sul “venerdì nero”, mostrando immagini di centri commerciali affollati e intervistando acquirenti soddisfatti con televisori giganti nel carrello.
In un certo senso, anche lo shopping è diventato spettacolo: c’è il commentatore (l’esperto in studio che elenca i prodotti più convenienti), c’è il dietro le quinte (i magazzinieri e i corrieri al lavoro febbrile per smaltire montagne di ordini), e ci sono perfino le “tifoserie” dei vari brand tecnologici o di moda, con i consumatori che aspettano il momento giusto per acquistare l’ultimo smartphone o la sneaker introvabile.
Tutto ciò, orchestrato sapientemente, genera un circolo virtuoso (o vizioso, a seconda dei punti di vista): più se ne parla, più gente partecipa; più gente partecipa, più le aziende investono in pubblicità e sconti, alimentando ulteriormente il buzz. In Italia il Black Friday era pressoché sconosciuto fino a una decina d’anni fa, ma grazie all’azione combinata di marketing globale (le grandi piattaforme come Amazon lo hanno introdotto per prime) e di progressiva adesione dei negozi locali, oggi è un appuntamento atteso quasi quanto i saldi tradizionali.
L’aspetto interessante è che si è trasformato in un evento di consumo condiviso, di cui tutti parlano: in ufficio ci si scambia consigli sull’affare migliore, sui gruppi Facebook fioccano post con le offerte avvistate, alcune famiglie ne approfittano per anticipare i regali di Natale (oltre il 70% degli acquirenti usa infatti il Black Friday per comprare in anticipo i regali natalizi).
In sintesi, il Black Friday all’italiana è la prova che anche il consumo può essere “spettacolarizzato”: un’occasione importata ma ormai fatta nostra, in cui la parola d’ordine è esagerare con gli sconti, le promo e… le spese!
Concerti e mega-eventi live: folle oceaniche e record da prima pagina
Non solo televisione e shopping: l’esagerazione tutta contemporanea si esprime in Italia anche negli eventi live, dove la cultura e l’intrattenimento di massa raggiungono dimensioni record.
I grandi concerti e raduni musicali oggi non sono più semplici spettacoli, ma esperienze collettive che puntano esplicitamente a numeri eccezionali, titoli sui giornali e un posto nel Guinness dei primati.
Un caso su tutti: il concerto di Vasco Rossi a Modena Park. Era il 1° luglio 2017 quando il rocker emiliano ha celebrato i suoi 40 anni di carriera con uno show annunciato come “il concerto dei record” – e così è stato.
All’interno del Parco Enzo Ferrari di Modena si è radunata una folla senza precedenti per un singolo artista: 220.000 spettatori paganti in un’unica serata, nuovo record mondiale assoluto, battendo i precedenti 198.000 del concerto degli A-ha a Rio de Janeiro e i 188.000 di Tina Turner.
Un oceano di persone arrivato da tutta Italia (e non solo) per un evento unico, che ha generato un incasso diretto di circa 12 milioni di euro solo dalla vendita dei biglietti, oltre a un indotto stimato di vari milioni per la città in termini di turismo, ristorazione e trasporti.
L’eco mediatico fu impressionante: per giorni TV e giornali parlarono del “Modena Park”, le immagini dell’immensa platea fecero il giro del mondo e persino il giorno dopo la Rai trasmise uno speciale in prima serata. Vasco stesso, in un post entusiasta, ha celebrato i 220 mila fan come parte della storia, gridando al “record mondiale” raggiunto.
E come in ogni spettacolo esagerato che si rispetti, non poteva mancare la trasformazione in prodotto crossmediale: di quell’evento epico è stato realizzato un film-concerto proiettato nei cinema di tutta Italia qualche mese dopo, così chi non aveva trovato il biglietto (andato esaurito in pochi minuti) ha potuto rivivere l’emozione su grande schermo.
L’esempio di Vasco non è isolato. Negli ultimi anni in Italia abbiamo assistito a concerti e show dal vivo sempre più grandi, lunghi, affollati. Basti ricordare il Concerto di Ligabue a Campovolo nel 2015, con oltre 150.000 presenze, o gli eventi musicali gratuiti come il Concertone del Primo Maggio a Roma, che ogni anno raduna decine e decine di migliaia di persone in Piazza San Giovanni per oltre 8 ore di musica dal vivo trasmesse in diretta TV.
Persino manifestazioni di piazza di altro genere sono diventate mastodontiche: il raduno conclusivo del Jova Beach Party (la tournée estiva sulle spiagge di Jovanotti) ha visto sulla spiaggia di Linate nel 2019 circa 100.000 partecipanti festanti; la Notte della Taranta in Puglia, festival di musica popolare, richiama ormai folle nell’ordine delle 200.000 persone nel concertone finale di Melpignano.
Numeri che un tempo si associavano forse solo a raduni politici o visite papali, oggi appartengono anche alla sfera dell’entertainment leggero.
Quello che colpisce è la cura con cui questi eventi vengono costruiti e comunicati per raggiungere dimensioni extra-large. Gli organizzatori puntano esplicitamente al record: si scelgono location gigantesche (parchi, aeroporti dismessi, spiagge sterminate) e si investe in impianti audio-visivi spettacolari, maxischermi, effetti pirotecnici, pur di offrire un’esperienza fuori dall’ordinario.
La comunicazione pre-evento martella sul concetto di “imperdibile” e “storico”: si creano hashtag dedicati, countdown social, gadget commemorativi, e spesso c’è il sold out con mesi di anticipo.
Sponsor e partner commerciali fanno a gara per associare il proprio brand a questi happening: birre, operatori telefonici, brand automobilistici sponsorizzano tour e festival, allestendo anche spazi esperienziali per il pubblico (stand, giochi, aree relax brandizzate) che trasformano il concerto in un piccolo expo.
Così il pubblico viene coinvolto a 360 gradi: non assiste solo al live, ma “vive” l’evento fin dal pomeriggio, tra attività collaterali e dirette social. È un modello mutuato dai grandi festival internazionali e dal… Super Bowl, naturalmente: pensiamo al contorno di intrattenimento che anticipa la partita nelle ore precedenti.
Allo stesso modo, i nostri mega-concerti offrono opening act multipli, ospitate a sorpresa, DJ-set dopo lo show, creando un’esperienza maratona.
Non sorprende quindi che l’asticella si alzi continuamente. Ogni nuovo evento cerca di superare il precedente: più pubblico, più decibel, più ore di spettacolo. Se un concerto da 50mila persone riesce bene, l’anno dopo se ne pianifica uno da 100mila.
E l’effetto richiamo funziona: il pubblico italiano ha dimostrato di rispondere con entusiasmo a queste chiamate di massa, pur di far parte “dell’evento di cui tutti parlano”.
In un’epoca dominata dai social, c’è anche una motivazione quasi identitaria: poter dire “Io c’ero” a quell’evento record, condividere foto in mezzo alla folla oceanica, sentirsi parte di un momento “storico” della musica o della cultura pop. È la logica dell’epica istantanea: rendere epocale ciò che normalmente sarebbe ordinario (un concerto, una partita di calcio, un programma TV), amplificandone ogni aspetto.
Conclusioni: l’era dell’iper-evento tra esagerazione e coinvolgimento di massa
Dal Festival di Sanremo alla finale di Coppa, dal Black Friday al concertone, l’Italia sembra aver abbracciato a pieno la tendenza all’iper-evento.
Ogni occasione importante viene progettata, comunicata e vissuta in formato extralarge, dove tutto è maxi: il pubblico, gli introiti, la copertura mediatica, l’aspettativa generale.
Questa tendenza rispecchia in parte l’influenza dei modelli americani (il Super Bowl su tutti), ma è anche figlia della competizione per l’attenzione nell’era digitale: per emergere nel rumore servono titoli altisonanti, record, fenomeni virali. Ecco dunque che anche in Italia ogni organizzatore ambisce a creare “l’evento dei record” nel proprio campo.
C’è sicuramente un lato positivo in questa evoluzione: l’aggregazione. Eventi così imponenti riescono ancora a farci vivere momenti collettivi, a unire milioni di persone attorno a un’esperienza comune, in tempi in cui spesso l’intrattenimento è frammentato su misura di algoritmo.
Che sia tifare tutti assieme la Nazionale, commentare in diretta su Twitter la gag di Sanremo, condividere l’affare appena fatto online o cantare a squarciagola in mezzo a una folla sterminata, questi mega-eventi creano un senso di comunità e partecipazione emotiva diffusa.
Allo stesso tempo, il marketing spinge forte sull’acceleratore: l’esagerazione è diventata essa stessa uno strumento promozionale. “Più grande, più spettacolare, più estremo” è lo slogan implicito di ogni nuovo lancio. E finché il pubblico gradisce – anzi, attende con trepidazione queste esagerazioni orchestrate – il circolo continuerà.
In definitiva, l’Italia sta vivendo una sorta di “superbowlizzazione” dei propri eventi: tutto deve essere un po’ Super, un po’ sopra le righe, per conquistare l’attenzione di un pubblico sempre più abituato allo straordinario.
D’altronde, come diceva un vecchio motto pubblicitario, “Più lo mandi giù, più ti tira su”: sembrerebbe valere anche per lo spettacolo. Più alziamo il volume e le dimensioni, più il pubblico si esalta.
E in questa gara all’iperbolico, tra dati di ascolto da record, folle immense e boom di consumi, una cosa è certa: noi italiani non siamo secondi a nessuno nell’arte di trasformare qualsiasi evento in uno show indimenticabile.
Una volta David Ogilvy diceva che era necessaria una “Grande Idea” per lanciare una campagna di marketing e aveva ragione. Ma oggi non basta più. Serve un’idea enorme, dirompente, oceanica, supersonica, strabordante, che esplode e si vede dall’altro emisfero.
Il consiglio che posso darti è quello di rivedere la tua campagna di marketing e tutte quelle che farai in futuro e chiederti:
“È grande abbastanza? È abbastanza spettacolare? Ci sono abbastanza fuochi d’artificio? Il volume della musica è abbastanza alto?”.
Perché questa è l’essenza del marketing moderno.
Rock n’ Roll.
PS: Vuoi venire dal vivo al “Festival di Sanremo” del marketing? Al SuperBowl del Posizionamento di Marca? Al Derby della Madonnina per le PMI?
Tutte le tappe passate sono andate Sold Out e anche le prossime a Verona e Bologna hanno già esaurito i biglietti. Ma ci sono ancora alcuni posti per Firenze, Cagliari e Napoli!
Clicca sull’immagine qui sotto e scopri come partecipare (e i regali che riceverai)
Frank Grazie per quello che hai fatto e continui a fare. Grato per sempre dei grandi insegnamenti e di quello che fai per l’Italia. Grazie Grazie grazie